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22 Luglio 2025 - 12:31
(foto: SAMUELE SILVA) - Fotografia che riprende il palco del vecchio Teatro Sociale
Una gemma che, in passato, ha fatto brillare la nostra città: questo è il vecchio Teatro Sociale. Il cancello oggi è arrugginito e da fuori sembra dimenticato, un edificio vuoto come molti altri. Eppure rimane uno dei tesori nascosti più affascinanti di Mondovì. Nel 1847 iniziò la costruzione. L’architetto era Giovanni Battista Gorresio, anche lui ad oggi un po’ dimenticato. L’inaugurazione avvenne poi quattro anni dopo, nel 1851.
L'emergente borghesia all'inizio dell'800 si affermò nella sfera sociale, ricercando svaghi. Gli spettacoli non erano più solo per i privati, messi in scena nelle case, ma divennero pubblici.
Prima ancora di questo edificio, ci furono vari “esperimenti”, tra cui l’allestimento degli spettacoli in una palestra di pallacorda, uno sport simile al tennis, poi nel vecchio Collegio dei Gesuiti ed infine nel salone delle feste nel Palazzo del Governatore.
Intanto, nel 1831 i vicini abitanti del quartiere di Breo costruirono un edificio adibito a teatro, nella via che ancora oggi mantiene il suo nome: Vicolo del Teatro.
Dunque i residenti del rione di Piazza, feriti dalla centralità che la nuova costruzione aveva tolta a loro volta si dotarono del Teatro Sociale.
Negli anni ’30 il teatro arrivò ad ospitare 32 spettacoli annui, con un massimo trecentocinquanta spettatori. Si iniziò, dunque, a considerarlo il più grande e prestigioso di tutto il Piemonte nelle città non capoluogo. Qui si sarebbe esibita, appena tredicenne, anche la grande Eleonora Duse. Nel 1887 ci fu la prima ristrutturazione, seguita poi da quella del 1933, anno in cui cambiarono anche gli interni e il design.
L’abbandono si appropriò lentamente del Teatro Sociale. Nel numero di ottobre del 1957 della rivista torinese "Rassegna Tecnica", numero dedicato alla storia e allo sviluppo tecnologico di Mondovì, nella sezione "svago" viene indicato già in disuso. Nel 1978 a seguito di una nevicata il tetto crollò, lasciando l’opera ad un ulteriore decadimento: a quell'epoca era già passato nelle mani del Comune, che aveva acquistato tutte le quote dai "palchettisti".
Negli stessi anni si ipotizzò un recupero, che avrebbe potuto realizzarsi grazie a un finanziamento regionale di circa 300 milioni di lire. Tuttavia la mancata adesione del Comune, che necessitava di co-finanziamenti, segnò l'abbandono definitivo del tentativo di riqualificazione.
Riscoperto, se così si può dire, nel 1995 tornò alla ribalta per l’inserimento da parte del Comune nelle opere “da mettere in sicurezza”. Ma non solo. Fu anche la tesi di laurea dell’allora Assessore all’Urbanistica, Marco Manfredi che aveva ideato un “centro teatrale polifunzionale” accompagnato dal restauro del Sociale di Piazza. Negli stessi anni diversi giornali italiani parlarono del gioiello dimenticato di Mondovì e del suo recupero, fino a giungere, nel dicembre del 1996, alla trasmissione “Uno Mattina”. In quest’ultimo caso la struttura monregalese fu messa a confronto con la realtà di Senigallia, nelle Marche.
Venticinque anni dopo, le immagini dell’ormai decadente teatro riportarono a galla la questione: il teatro divenne "meta di culto" fra i fotografi urbex, appassionati di location abbandonate. Questa volta, le ipotesi di recupero ebbero un seguito: nel 2019 infatti, furono assegnati i lavori per rimettere la struttura in sicurezza. I lavori cominciarono nel 2020 e durarono quattro anni: nel 2024, lo si aprì al pubblico per la visione dei ruderi. Nello stesso anno, inoltre, il Sociale di Piazza divenne uno dei protagonisti delle giornate FAI d’autunno, fondazione italiana che ha l'obiettivo di tutelare e valorizzare il patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano. Anche come perla danneggiata continua a mantenere il suo prestigio, divenendo, insieme a piazza San Pietro, set cinematografico per il documentario “Italo Calvino nelle città”, opera dedicata allo scrittore, e diretta da Davide Ferrario, e poi nel 2025 per lo spettacolo "Monregalando" dei MaMaGrè.
Al centro giaceva un grande palcoscenico in legno con un imponente arco di proscenio, decorato con modanature in gesso dipinte d’oro. Tra il palco e l’area della platea giaceva la buca dell’orchestra, ancora visibile. L’area del balcone di fronte al palcoscenico, sul retro del teatro, presenta file con sedie imbottite rosse.
All’interno c’erano tre ordini di palchi oltre al loggione superiore che era destinato alle persone meno abbienti. Inoltre, era presente un grande sipario raffigurante Apollo, dio del teatro, e le Muse, che ad oggi risulta assente.
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