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22 Ottobre 2025 - 12:21
FOTO: L’INONDAZIONE DI BORGO DORA A TORINO (ANDREA VUOLO)
Gli abitanti della provincia di Cuneo, e del Monregalese-Cebano in particolare, sono soliti associare la dicitura “grande alluvione” al catastrofico evento del 4-6 novembre del 1994, quando l’intero asse fluviale del Tanaro e quello dei suoi principali affluenti di destra vennero di fatto sconvolti dalla furia delle acque, provocando tra le altre cose la definitiva soppressione della linea ferroviaria Bra-Ceva.
Se quell’episodio lasciò un segno indelebile nella memoria sociale e collettiva (sessantanove vittime e più di duemila sfollati), contribuendo concretamente alla nascita dell’attuale sistema di Protezione civile, le inondazioni dell’ottobre 2000 furono in realtà ben più estese e localmente intense.
Se le vallate monregalesi e cuneesi rimasero ai margini rispetto alle umide correnti sciroccali, i bacini della Dora Riparia, della Dora Baltea, della Stura di Lanzo, dell’Orco, del Sesia, del Ticino e del Toce vennero investiti da piogge torrenziali per quasi tre giorni consecutivi, con accumuli superiori ai 700 millimetri – ovvero settecento litri d’acqua per metro quadrato di terreno.
Il bilancio fu drammatico: ventitré vittime tra Piemonte e Valle d’Aosta, quattro dispersi, centoventi feriti e cinquantamila sfollati.
La città di Torino dovette fare i conti non solo con l’esondazione del Po – che nel tratto urbano raggiunse un livello più alto rispetto al 1994 – ma anche con l’inondazione del Parco della Pellerina e del quartiere Borgo Dora.
Un’alluvione, quella del 15-16 ottobre 2000, considerata ancora oggi tra le più violente degli ultimi decenni, soprattutto per la vastità territoriale dei danni: non una zona circoscritta, ma quattro province interamente colpite – Torino, Biella, Vercelli e Verbania – che valgono ancora oggi all’evento l’epiteto di “grande alluvione del Piemonte”.
DI GABRIELE GALLO
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