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23 Luglio 2025 - 16:08
Franco Oreglia in negozio con Cecilia Gallesio
Lo scorso martedì, il 15 luglio, Franco ha tirato giù per l’ultima volta la serranda, chiudendo una storia che andava avanti da oltre 70 anni. Ma “Oreglia Confezioni”, la storica vetrina di via Mazzini nel cuore di Carrù, lascia ancora uno spiraglio aperto. «La porta del negozio si chiude, ma non a chiave. Diciamo che resta socchiusa» ci dice Franco Oreglia, indicando raggiante Cecilia Gallesio, che nel negozio c’è sempre stata. Entrata come commessa nel lontano ’99, poco più che ventenne, è diventata una di famiglia. Tanto che la figlia, Denise, nata nel 2013, chiama Franco “zio”. Ma, come si direbbe in piemontese, «La stòria è bela, fà piasì cuntela (la storia è bella, fa piacere raccontarla)»
A voler essere precisi bisogna andare indietro di oltre 100 anni, quando i nonni Rosa e Domenico avviarono l’attività di tessuti girando i mercati col cavallo e il carretto. Poi Lorenzo, il papà di Franco, il cui ricordo aleggia ancora in ogni angolo del negozio, e il fratello Giorgio prendono strade diverse: l’uno si specializza negli abiti confezionati, l’altro nei tessuti. Il negozio avviato da quest’ultimo e portato avanti da “Nino” Oreglia con la moglie Marina era presente poco distante in via Torino a Carrù ed ha chiuso a fine 2022.
«Il negozio di mio papà invece è sempre stato questo qui in via Mazzini» spiega Franco. «Lo aprì nel 1955, un anno prima che nascessi io. All’epoca era uno dei pochi geometri presenti in paese, una persona molto intelligente e lungimirante. Fu lui a fondare l’Associazione commercianti di Carrù. Rimase vedovo giovane (mia mamma morì quando ero all’inizio delle Elementari) e visitò ben 29 capitali straniere viaggiando da solo, ma attaccava bottone con tutti».
«Per me è stato un vero maestro di vita, nonostante tanti dicessero che avesse un carattere burbero. Vorrei tanto fosse ancora qui» ci tiene a dire Cecilia, che vive a Rocca Cigliè, dove tra l’altro ricopre la carica di vicesindaco sulle orme del papà, lo storico sindaco Aldo Gallesio. Lo stesso Lorenzo fu uno degli ideatori dei “Cento”, la moneta stampata dall’Associazione commercianti di Carrù per ovviare alla tremenda crisi di liquidità negli anni ’70. Una valuta folkloristica, valida solo presso i negozi del paese, che ebbe un successo enorme (e costò anche un procedimento penale, terminato con un’assoluzione piena).
Franco subentra nel negozio del padre a inizio 2000, semplicemente «attraversando la strada», trasferendosi dal dirimpettaio negozio di giocattoli della nonna. «Nel 2001 aveva già intestato l’attività a me, ma… chi comandava era sempre lui (come in ogni famiglia, ndr)». Dopo la morte del papà, 15 anni fa, in negozio restano Franco e Cecilia.
«Il lavoro è diventato sempre più difficile» prosegue Oreglia. «Sono arrivati i centri commerciali, poi Amazon. Ma è così dappertutto. Ho tanti clienti che arrivano da fuori: Dogliani, Morozzo, Crava, Rocca de’ Baldi, forse più dei carrucesi stessi. Nella svendita di questi mesi tanti sono tornati. Ora ho 70 anni, ho finito i miei giorni lavorativi. Ma da qui non scappo, abito sopra il negozio. E lo dico sempre: la mia tomba è qui a Carrù».
La scelta di chiudere è arrivata inevitabile, dopo i problemi di salute dello scorso anno. «Mi hanno dato l’estrema unzione due volte. Poi è come se fossi rinato una seconda volta, ho dovuto reimparare a camminare e a parlare» ci confessa Franco. Capita tutto all’improvviso: una setticemia fulminante nel marzo del 2024, provocata da un’ernia strozzata. Comincia il calvario. «In cinque giorni mi hanno operato quattro volte, asportandomi parti dell’intestino. Hanno escluso il tumore, ma era un’infezione grave. Ho passato quattro mesi di ospedale e riabilitazione tra Mondovì e Robilante. Lì sono svenuto un paio di volte e mi hanno portato d’urgenza a Cuneo per anemia. Ho passato un mese al Santa Croce, volevano tenermi ancora, ma non ce la facevo più a stare in una stanza da quattro. Ho firmato per uscire il 29 giugno. Adesso, a distanza di più di un anno, sto meglio di prima».
La memoria, comunque, non è mai venuta meno. «Mi sono stupito della quantità di persone che sono venute a trovarmi, una cinquantina di ragazzi e ragazze, amici e conoscenti, molti di Carrù. Io ero più di là che di qua». Cecilia conferma: «Tutti mi fermavano per chiedere come stava Franco. Da Carrù io ormai mi sento adottata. Adesso tanti mi chiedono cosa farò. Da commessa passerò a collaboratrice domestica di Franco. Ma anche io resto qui». E del domani, come sempre, non c’è certezza.
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