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Asti-Cuneo, Cirio e il viadotto che mancava: «Siamo all'ultimo giro di boa»

Si è svolta la scorsa notte la posa della campata del nuovo viadotto sulla SP 7

Asti-Cuneo, Cirio e il viadotto che mancava: «Siamo all'ultimo giro di boa»

Troppi, troppi anni di attesa. La Asti-Cuneo è un miraggio che il Piemonte attende, e che ora potrebbe essere - finalmente - al giro di boa finale: la posa della campata del nuovo viadotto sulla strada provinciale 7.  È avvenuta la scorsa notte.

Il presidente Alberto Cirio: «Si tratta di un momento che è insieme strategico e simbolico perché rappresenta il giro di boa nelle attività di questi mesi in vista del completamento dell’autostrada a fine anno. Fin dall’inizio del nostro mandato abbiamo lavorato con determinazione e tanto impegno prima per sbloccare l’opera - che era ferma, senza progetti e senza soldi- e ora per realizzarla e completarla per dare risposte a un territorio che attende quest’opera da troppi anni».

Le operazioni connesse alla posa della campata proseguiranno nei prossimi giorni. A settembre verranno ultimate le lavorazioni sulla carreggiata in direzione Asti con la posa delle ultime due campate mancanti, collocate in tratti non interessati dal traffico veicolare. Questo intervento rappresenta un passaggio fondamentale verso la conclusione dell’opera: una volta terminata questa fase, si procederà con le attività necessarie per il completamento dell’intero viadotto.

«Rafforzare il sistema infrastrutturale piemontese e rendere più sicure le strade è una priorità della Regione – ha dichiarato l’assessore alla Logistica e Infrastrutture strategiche, Enrico Bussalino –. Quest’opera rappresenta l’idea di una mobilità moderna e rispettosa del territorio, capace di alleggerire i centri abitati e le strade panoramiche dell’astigiano e del Cuneese dal traffico pesante, tutelando il paesaggio, la salute e la qualità della vita in un’area che l’UNESCO ha riconosciuto patrimonio dell’umanità». «L’autostrada Asti-Cuneo – ha sottolineato l’assessore regionale ai Trasporti, Marco Gabusi - è l’opera simbolo di un cambio di rotta: non il tentativo di cercare responsabili di ritardi e dinieghi, ma la capacità di lavorare, nonostante le mille difficoltà, per costruire un’opera così tanto attesa»

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