Cerca

ultima ora

ultime notizie

OGGI

100 Anni di dolcezza: la Bottega delle Paste di Meliga che racconta un territorio

Quattro generazioni, un laboratorio sotto il negozio e l’esperienza viva di un luogo che custodisce la memoria del paese regalando emozioni autentiche

“Cent’anni e profumo di meliga”: viaggio nella bottega che racconta Pamparato

La strada sale dolce dal fondovalle. Quando imbocchi il cuore antico di Pamparato, ti accoglie un silenzio pieno di memorie: insegne scolorite, vetrine che hanno visto passare stagioni, villeggianti e lunghi inverni. Poi una porta a vetri vibra di vita. Il campanello suona, il profumo di burro e farina di mais ti viene incontro prima ancora dei sorrisi. È la bottega di Lisbona Tomatis, la casa delle paste di meliga. Sopra, il negozio; sotto, il laboratorio. Un ponte verticale tra il fare e il raccontare che da cent’anni tiene unito il paese.

Tutto comincia nel 1925 con Guglielmo e Pierina Lisbona, che aprono la panetteria e iniziano a sfornare un paio di teglie tonde di melighe a settimana.

Nascevano così le botteghe di montagna: per il paese, per produrre pane, per offrire un punto d’incontro. Poi, piano piano, si sono affinate, imparando a regalare prodotti sempre più buoni e riconoscibili.

Tra questi, le paste di meliga, biscotti poveri diventati simbolo del Piemonte. La loro origine è attribuita a qualche raccolto andato male: il grano era poco e costoso, così i fornai del Monregalese decisero di “allungarlo” con la farina di mais, la “melia” o “meliga”. Nacque un biscotto rustico, di campagna, che da necessità si è trasformato in tradizione.

Poi arriva la figlia Beatrice, “Lena”, che cresce dietro il banco. E accanto a lei Mario Tomatis, prima garzone e poi marito: un pasticcere con esperienza torinese che porta nuove idee, senza mai toccare la ricetta di base.

Negli anni Cinquanta le melighe varcano i confini del paese e negli anni Novanta si trasformano in icone: quelle scatoline blu e oro, con dentro le monodosi, diventano il biscotto da bar che racconta Pamparato in tutta la Granda e oltre.

Oggi, al banco, ci sono Anna Maria, figlia di Lena e Mario, e soprattutto Elena, la quarta generazione. Con loro lavorano Enzo, Isa e Franca: cinque persone, una famiglia allargata che condivide ogni giornata tra forno e scaffali.

«La tradizione è la nostra chiave - racconta Anna Maria -. La ricetta è sempre la stessa: burro, farine, latte».

Il laboratorio, come un abito cucito su misura, è una palestra di gesti antichi e macchine robuste. Qui non esiste il magazzino: si lavora su ordinazione, si sforna solo quello che serve e il prodotto parte subito in distribuzione.

Ordini che, grazie all’intuizione di Elena, arrivano anche dal sito web: «Lo shop online è nato nel 2011 quasi per gioco, prima che diventasse prassi comune - racconta -. Pensavamo: le melighe sono fragili, come si spediscono? E invece funziona. Oggi abbiamo clienti affezionati nel Sud Italia, mandiamo ordini negli Stati Uniti e in bar di Londra e Cambridge. Molto lo fa il passaparola: qualcuno assaggia qui, porta la scatola a un amico lontano e poi ci ritroviamo un ordine sul sito».

Intanto la gamma di prodotti si è allargatama resta sempre la stessa filosofia: crescere senza snaturarsi. «Nonno Mario ci teneva che in etichetta si leggesse prima di tutto “Biscotti di Pamparato” - ricorda Elena -. È il nostro modo di dire da dove veniamo».

La vera differenza, però, la fa l’esperienza che si vive entrando qui. Tra scaffali di biscotti e prodotti di piccoli artigiani del territorio, la bottega è anche presidio sociale: ci si scambia due parole, si chiedono consigli, si riconoscono volti che tornano anno dopo anno.

«I clienti non sono numeri - dice Elena -. Tornano, spesso da lontano. E noi teniamo il negozio sempre aperto perché qui si incontra la gente e si percepiscono le esigenze della clientela. Panificare, per anni, è stato anche un servizio al paese; oggi rivendiamo il pane, ma lo spirito resta intatto. Presentare altri prodotti locali è il nostro modo di fare rete, di restituire qualcosa al paese e a chi, tra mille difficoltà, continua a viverlo».

Il centenario, festeggiato in estate con la Pro loco e i locali del paese, è stato un modo per ribadire ancora una volta il legame con Pamparato: due serate di musica e sapori che hanno ricordato a tutti come il passato, qui, non sia un santino da venerare ma piuttosto un attrezzo da lavoro, una base su cui fondare, ogni giorno, la promozione sociale, economica e culturale di un territorio che deve e può ripartire dalle sue eccellenze.

Uscendo, il campanello suona ancora. Fuori c’è la montagna, dentro resta quel sapore di tempi andati che si ritrova in ogni assaggio. La certezza che un biscotto possa davvero raccontare la storia di un luogo

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

x