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Un DeSimone è per sempre: qual è la vera pietra preziosa?

L'artista torinese premiato ai "César" nel 2024 è il diamante della musica italiana? Tornato dopo sette anni dall'ultimo album in studio è artista che scopriamo troppo tardi e dopo il successo estero: quello che vediamo come una grande novità forse ci racconta molto più chi siamo, dove siamo ed il nostro passato

Andrea Laszlo De Simone è uscito con il nuovo singolo "Quando"

Quando è il singolo che a fine agosto ha anticipato l'uscita del nuovo album di Andrea Laszlo De Simone "Una Lunghissima Ombra"

“Un diamante è per sempre”. Ve la ricordate questa espressione? È qualcosa di ben preciso, una delle trovate pubblicitarie più conosciute ed importanti di tutto il '900 che ha trasformato un agglomerato di carbonio in qualcosa di assolutamente difficile da trovare, un elemento esclusivo e distintivo. In realtà il diamante è un elemento assai più comune di quanto si creda, che tiene la sua esclusività perché qualcuno, in modo assolutamente arbitrario e razionale, lo rilascia sul mercato in modo oculato, con l'obiettivo di non farne scadere il valore e mantenere l'attenzione.

L'espressione può sembrare forse un po' forte ed azzardata, ma pare assai calzante per Andrea Laszlo De Simone, uno dei volti più freschi e nuovi nella musica italiana, dal cantautorato al pop. Salito alla ribalta nell'estate 2025 dopo la vittoria del César nel 2024 perché in una stagione avara di tormentoni la sua “vecchia” Fiore Mio (ascoltala qui) è stato uno dei brani più ascoltati nelle piattaforme di streaming. Un caso nel caso perché De Simone aveva pubblicato il suo ultimo album Uomo Donna nel 2018 e solo in primavera è uscita la notizia di un nuovo lavoro. L'artista torinese in questi ormai quindici anni di carriera non ha mai seguito percorsi lineari, ma cercato di mettere al centro della propria attività la sua arte, al di là di quanto ci si potesse aspettare da lui, sia da parte della critica sia da parte del pubblico, che poco a poco ha cominciato a conoscerlo.

Le Facce della Gemma: un Artista Totale

Come un diamante ben tagliato, l'arte di De Simone rifrange la propria luce in molte direzioni. Non è solo il musicista autore di un album di nicchia come Ecce Homo, di un “cult” come Uomo Donna o di un EP di successo come L'immensità. È un artista totale la cui ricerca si dispiega attraverso discipline diverse ma intimamente connesse. Alla regia di opere liriche per teatri prestigiosi come il Teatro dell’Opera di Roma – dove ha firmato un Barbiere di Siviglia minimalista e concettuale, osannato dalla critica – affianca un lavoro di drammaturgo che smonta classici come l’Orlando Furioso per restituirne il mito puro. È un compositore per la danza contemporanea, per cui crea partiture che sono "architetture da abitare" per i corpi dei ballerini, e un intellettuale che ai festival letterari delinea la sua "teoria della forma": l'idea che il limite e la struttura non siano gabbie, ma le condizioni stesse della libertà creativa. Un artista che considera la propria libertà come elemento imprescindibile.

La Durezza: l'Integrità che non Deroga

È in questa "teoria della forma" che risiede la durezza del diamante De Simone. Una durezza che è integrità, rifiuto di ogni compromesso. In un panorama musicale dove il tour è un passaggio obbligato, quasi un dovere verso il pubblico, lui si è sottratto con un rigore che fa rumore. Lo ha dichiarato senza mezzi termini in un’intervista a Rockol: «Non ho nessuna intenzione di andare a suonare dal vivo. Non mi interessa. Non mi sembra indispensabile per la mia arte, in questo momento. Voglio dedicarmi ad altro. C'è una specie di cortocircuito per cui si pensa che se fai un disco poi devi per forza andare in tour. Ma io non ho mai fatto quello che ci si aspetta da me. L'arte sta al di sopra di quello che potrebbe volere la gente, altrimenti si rimane un po' schiacciati. Fare vuol dire avere la libertà di creare».

Queste parole non sono un rifiuto del pubblico, ma un’affermazione radicale di autonomia. È la scelta di non essere "immissione sul mercato" per non far scadere il proprio valore artistico, esattamente come nella metafora del diamante.

Trasformare l'arte in prodotto vendibile

Se De Simone è uomo con grande rispetto per il proprio lavoro, ha anche la capacità di non nascondersi dietro a sé stesso, ma al contrario di sfruttare al meglio tutte le frecce al proprio arco. Se pensiamo a quanto Laszlo ha prodotto sino ad ora nel proprio progetto solista è un gusto per sonorità oggi “antiche”, che affonda le proprie origini nella ricercatezza sonora e testuale della fine degli anni '60, ma non tanto del cantautorato, quanto piuttosto di quella che all'epoca era definita musica leggera: il mondo più vicino al primo Gino Paoli, a Tenco e Piero Ciampi, che non quello di Guccini, De André, la scena romana o quella bolognese. De Simone muta quella tradizione artistica, la rispolvera, la svecchia, la riporta all'attenzione del pubblico e ci porta in un mondo dove l'onirico si mescola con la storia ed il sentimento. De Simone – potrebbe sembrare – non ci racconta nulla di nuovo, ma attinge ad una storia già scritta da qualcun altro. In realtà prima di lasciarsi andare a questa convinzione, occorre riflettere su alcuni aspetti: anche per reinventare bisogna avere capacità di rilettura per non scimmiottare qualcosa che è già stato prodotto da altri e De Simone ne è assai consapevole e si destreggia nel tema con grande disinvoltura. La capacità di prolifica produzione su più fronti rende il progetto solista dell'artista torinese solo una delle tante caleidoscopiche sfaccettature nelle quali Laszlo fa rifrangere nella propria arte, per cui sarebbe limitante considerare che l'unico modo di comunicare di questo artista sia il guardare al passato (pensiamo al progetto di Anthony Laszlo con l'amico Anthony Sasso che era un concentrato di acid rock, corrosivo, rigoroso e ricco di fantasia espressiva).

Il Riconoscimento: il Valore Oltreconfine

La capacità di stare tra una irriducibile coerenza nel guardare alla propria arte come ad una serie di progetti all'interno dei quali spendersi ed il desiderio di produrre anche una musica capace di essere pop nonostante le grandi citazioni stilistiche, che in Italia potrebbe suonare come eccentricità, è il motivo per cui De Simone è stato riconosciuto e premiato all'estero, in particolare in Francia, paese dalla lunga tradizione di cantautori-intellettuali.

Oltre ai confini nazionali, il suo lavoro non viene letto come una stranezza, ma come l'evoluzione logica di una certa idea di arte colta e popolare insieme, erede di una linea che da Kurt Weill arriva a Franco Battiato.

L'esperienza de Le Règne Animal (the Animal Kingdom), che è valso il premio César (in Francia sono i "nostri" David di Donatello) per la migliore colonna sonora del 2024 in Francia, è stata l'occasione per chi già nutriva interesse di avere conferma le proprie qualità dell'artista torinese. E di colpo anche in Italia e il grande pubblico ha scoperto di avere un diamante (mica poi tanto) grezzo in casa.

La Rifrazione: Ci Racconta Chi Siamo

E qui torniamo a "Fiore Mio" e al suo ritorno con Una lunghissima Ombra. Il successo "in ritardo" di De Simone non è un caso. Forse il pubblico, stanco dell'effimero, ha iniziato a cercare una profondità che lui ha custodito e che con sapiente stratificazione cerca di trasferire. La sua arte non insegue le mode, forse non le anticipa neanche, ma lavorando di cesello prova ad accendere una luce su mondi che diversamente sarebbero poco illuminati. La conferma che ciò che va di moda prima deve rappresentare una forma di originalità per pochi.

Anche nella scelta dell'ultimo "Una Lunghissima Ombra" parrebbe che De Simone abbia in un certo qual modo voluto spiazzare critica e pubblico, con un disco che pur ponendosi lungo la linea artistica della produzione di questi anni, non ha voluto ripetere la struttura riuscita del precedente "Uomo Donna". Se il disco del 2017 era un album giocato molto sui contrappunti sonori (un cantautorato che si alternava a brani di natura più rock) e testuali (amore, ma anche politica), "Una Lunghissima Ombra" è un viaggio tra la luce e (appunto) le ombre, un lungo notturno in cui l'ascoltatore viene accompagnato e portato ad un viaggio introspettivo. Un lavoro che si gioca più su ritmi diversi (un paio di brani in 5/4), ma che non cerca le differenze stilistiche. Come un diamante, la sua luce non è abbagliante ma penetrante. E forse, in quella luce riflessa, possiamo finalmente vedere un po' più chiaramente chi siamo: un pubblico che, senza saperlo, aveva bisogno non di un tormentone, ma di un'opera omnia e soprattutto di un artista, come ce ne sono pochi in questo momento in circolazione (vengono in mente Incani con il progetto "Iosonouncane" e Daniela Pes), capaci di portare una provocazione, di stimolare una reazione. Del resto l'arte (tutta, dalla musica alla scrittura, passando per le arti plastiche o quelle figurative) – come diceva qualcuno – non deve confortare, ma provocare.

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