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Incursioni dei lupi in aumento: «Ora attaccano anche mucche, asini e cavalli»

L'intervento di Coldiretti Torino: «Allevatori e sindaci preoccupati. Serve un vero piano di gestione»

Incursioni dei lupi in aumento: «Ora attaccano anche mucche, asini e cavalli»

Coldiretti Torino spiega che si stanno moltiplicando, in tutto il Torinese gli attacchi di branchi di lupi anche ai grossi animali. Non solo prede dello stesso peso del lupo, come pecore e capre, ma anche animali forti e resistenti come mucche, cavalli, asini che pesano 10-20 volte più del lupo. In particolare, gli allevatori sono sempre più preoccupati per la crescita degli attacchi ai bovini non solo negli alpeggi in alta quota. Dopo le aggressioni segnalate le scorse estati l’ultimo caso viene da Frossasco dove una famiglia di lupi ha attaccato, di notte, una mandria lasciata libera al pascolo ferendo in modo grave tre capi.

«Fino a poco tempo fa – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – si riteneva che il lupo, che pesa 25-30 Kg, non avesse la forza per attaccare una mucca. Invece, prima sono iniziati i vitelli, poi le manze e adesso anche i bovini adulti. Stiamo parlando di capi che hanno un valore importante per gli allevatori. Sulla vendita di una mucca si basa spesso il reddito di un intero mese di lavoro. Stiamo parlando anche di capi pregiati di razza Piemontese da carne o di razze alpine da latte da cui si producono i grandi formaggi delle nostre vallate. E come se un lavoratore dipendente non percepisse il suo stipendio. Di fronte a questo scempio non possiamo più stare a guardare».

Proprio i risvolti economici dei danni da lupo rappresentano una preoccupazione anche per le amministrazioni locali. «Molti sindaci sono preoccupati come noi. Ogni anno i nostri uffici ricevono allevatori che dicono di non farcela più. Vogliono mollare tutto e non salire più in montagna con le mucche, le pecore e le capre. E qualcuno sta già mollando. Il pascolo è l’unico modo per produrre cibo in ambiente alpino, se vanno via i margari finisce l’agricoltura in montagna. Ed è un problema anche per la città. Se poi non è più possibile pascolare nemmeno in pianura il problema diventa di tutto il territorio».

Coldiretti Torino ricorda che il pascolo all’aperto è una pratica non sono antica ma di grande valore ambientale e di grande valore per gli animali stessi. «In nome del benessere animale agli allevatori vengono imposte dall’Europa corsi di formazione e pratiche di gestione delle stalle che non tengono conto delle caratteristiche di molte razze bovine. E poi non si fa nulla contro la presenza dei lupi che rendono impossibile il pascolamento all’aperto, che è quanto di meglio si possa davvero fare per il benessere animale».

Coldiretti Torino chiede non solo più risorse per le difese attive e passive e un rapido e congruo risarcimento per i capi persi. Ma chiede anche l’avvio di un vero Piano di gestione. «Vogliamo sapere a che punto è il decreto attuativo della Regione Piemonte che recepisce la scelta europea e nazionale di avviare piani di controllo per il lupo. La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera. L’ISPRA ha indicato dei numeri regione per regione. Poi il tema lupo è sparito dall’agenda politica regionale. È venuto il momento avviare un Piano di gestione regionale articolato per province e aree locali».

«Tornando sull’ultimo attacco di Frossasco le immagini testimoniano la gravità dei ferimenti – concludono da Coldiretti –. In questo periodo dell’anno le famiglie di lupi attaccano le prede anche in modo indiscriminato per insegnare le tecniche di caccia ai giovani nati quest’anno. È quello che i ricercatori chiamano “surplus killing”, vere e proprie razzie che lasciano lo spettacolo desolante di molti capi uccisi o feriti senza che siano stati mangiati. Alla ricerca di cibo e di prede su cui dimostrare la supremazia nel branco familiare ma anche per consolidare i ruoli nelle complesse strategie di caccia in branco possono verificarsi attacchi anche a grossi animali. Un fenomeno che da solo dimostra sia la crescita esponenziale dei componenti dei branchi sia l’aumento dei branchi stessi diffusi sul territorio. Oramai non è più raro osservare branchi con 5-6 individui e attacchi in pianura. Così come si vedono spesso individui in dispersione che, alla ricerca di nuovi territori non ancora occupati, si aggirano anche in aree urbane».

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