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13 Novembre 2025 - 17:04
I giovani "Ciceroni" di Dogliani
Le classi seconde della Scuola Secondaria di primo grado di Dogliani hanno dedicato i primi mesi dell’anno scolastico ad approfondire la conoscenza storica, culturale e artistica del paese, per prendere parte a due iniziative.
Entrambe le attività sono state preparate attraverso un lavoro pluridisciplinare, che ha coinvolto in particolare Arte, Musica, Religione, Storia. si è trattato di positive esperienze di cittadinanza, finalizzate a sensibilizzare i ragazzi alla valorizzazione del patrimonio monumentale del territorio e alla sua salvaguardia.
Domenica 2 novembre, durante la Fiera dei Santi - “La Cisrà” di Dogliani, 24 alunni hanno guidato la visita alla chiesa della Confraternita dei Battuti. La scuola ha aderito alla manifestazione con il progetto “Ciceroni alla Confraternita” e in collaborazione con il Comune di Dogliani.

L’edificio, in mattoni a vista, è stato progettato dall’architetto Francesco Gallo ed è riconosciuto come monumento nazionale, quindi ha particolare importanza storica e culturale per l’Italia. La costruzione fu completata nel 1742 per volontà di due Confraternite già esistenti nel Seicento: i Battuti bianchi e i Battuti neri. Il nome Confraternita indicava un’associazione di fedeli dediti al volontariato. Le due compagnie avevano centinaia di iscritti e coinvolgevano gran parte della popolazione. Operavano nella comunità doglianese svolgendo servizi di carità ai malati, ai poveri, ai carcerati, alle vedove, ai bambini orfani. I Battuti bianchi, in particolare, nella ricorrenza di Tutti i Santi e dei morti offrivano a viandanti e pellegrini la minestra di ceci, trippe e verdure. Tale tradizione è proseguita nei secoli e continua ad essere in uso ancora oggi. Le due Confraternite, che avevano ciascuna una sezione per i confratelli e una per le consorelle, si dedicavano anche alla preghiera, al canto e alle processioni. Durante queste ultime indossavano delle tuniche di colore bianco o nero, con un cappuccio in testa con due fori per gli occhi, perché erano umili e non volevano essere riconosciuti e ringraziati in pubblico per la gratuità del loro servizio. Inoltre praticavano l’autoflagellazione, con uno strumento tuttora conservato. Era composto di strisce di cuoio ed era un mezzo di penitenza: la punizione corporale e la sofferenza fisica servivano a purificarsi, ad espiare i peccati, per avvicinarsi a Dio e andare in Paradiso dopo la morte.

Dentro la chiesa il visitatore è stato guidato ad ammirare creazioni artistiche di pregio, risalenti addirittura al Seicento: sculture in gesso o legno; stucchi dorati, tele, dipinti. Diverse opere sono dedicate alla vita di Gesù, alla sua passione e morte, che arrecarono immensa sofferenza alla madre Maria. Ci sono anche rappresentazioni di Santi, venerati per chiedere favori. Sono raffigurati con la palma del martirio e il mezzo usato per torturarli e ucciderli, perché non rinunciavano a professare la fede cristiana. Un esempio, in una tela settecentesca del Mallarini di Carrù, è Santo Stefano, che solleva l’abito per sostenere delle pietre: infatti fu ucciso lapidato. Era invocato contro il mal di pietra, ovvero i calcoli. Riferiti ai Santi, la Confraternita custodisce inoltre tre reliquiari secenteschi, in legno scolpito e dorato; due, che venivano portati in processione, sul retro hanno una maniglia per facilitarne il trasporto. Dietro il presbiterio, nell’abside, c’è il Coro, dove i confratelli e le consorelle si riunivano per pregare e cantare. Le persone, da sedute sugli scranni, potevano leggere davanti a sé una scritta in latino: “Si cor non orat, invanum lingua laborat” (“Se il cuore non prega, invano la lingua si muove”). Era un invito a pregare con devozione profonda e sincera, altrimenti la recitazione della preghiera sarebbe stata inutile. Come cantori, invece, il riferimento era un libro del Seicento, contenente melodie gregoriane, con testi in latino; il volume è stato restaurato negli anni Novanta.
Infine, sopra l’ingresso principale, è collocato un organo del Settecento, racchiuso all’interno di una cassa di legno dipinta e decorata. Caterina, Davide, Giovanni, Luka e Vittoria ne hanno fatto sentire la sonorità, eseguendo brani che hanno spaziato: da “Swanee River” a “Lightly Row”; da “Battellieri dello Yang tze kiang” a “My Heart Will Go On”; da “Hallelujah” di Cohen a “Canzone Argentina”.

“Ciceroni alla Confraternita” è stata un’iniziativa di successo, perché circa cinquecento persone hanno preso parte alla visita, dimostrando attenzione ed interesse verso quanto raccontato dalle guide. Tra i partecipanti c’erano forestieri, ma pure molti doglianesi, magari abituali frequentatori della chiesa quando si celebravano le funzioni religiose; essi hanno apprezzato le spiegazioni fatte dai ragazzi, perché occasione per interpretare opere di cui ignoravano il significato. L’esperienza condotta ha reso gli alunni protagonisti ed è stata occasione per mettersi in gioco, dimostrando preparazione e abilità espositiva. Superati imbarazzo e ansia della prima volta nel ruolo di guida, tutti hanno espresso la loro disponibilità a cimentarsi nella funzione durante altri eventi simili.
Una passeggiata tra Borgo e Castello, in un'atmosfera medievale
Lo scorso giovedì 9 ottobre gli allievi doglianesi hanno partecipato a una passeggiata guidata nelle vie di Borgo e Castello, per individuare fonti materiali di epoca medievale.
Al tempo dei Romani la popolazione abitava solo nella vallata del Rea. A cavallo del Mille, durante le scorrerie operate da Ungari e Saraceni, a scopo di difesa sorse Castello, come luogo fortificato su un’altura. Esso era costituito da una muratura quadrata con all’interno una torre. Quest’ultima, corrispondente all’attuale torrione, venne abitata dalle guardie quando accanto fu costruito un castello vero e proprio, nel Basso Medioevo residenza di marchesi, inizialmente della dinastia Busca e poi di quella dei Saluzzo. Un esponente della prima famiglia fu Manfredi I, la cui figlia Bianca sposò l’imperatore Federico II. Della casata Saluzzo, invece, Giovanni il Grande unì Castello e Borgo, racchiudendoli entro mura, di cui non rimangono resti.

Parte della passeggiata si è svolta: attraversando il ponte Manzi, a quel tempo denominato Ponte Vecchio e unico esistente; osservando porta Soprana, dall’arcata a sesto acuto, sorretta da pietre squadrate e con un affresco secentesco; salendo lungo il tracciato delle vecchie mura; entrando in Castello dalla porta Gabetti, per raggiungere il torrione e l’abitazione delle famiglie marchionali. Lì siamo stati accolti dal signor Gianmario Magliano, il quale ha fatto visitare ambienti adibiti a prigione nei sotterranei adiacenti al torrione e due soffitti a cassettone dentro il castello, un tempo residenza dei Busca e dei Saluzzo.
Nella parte alta di Dogliani anche la chiesa di San Lorenzo conserva testimonianze di epoca medievale. Ad esempio, sopra una porta di ingresso laterale c’è una lunetta in arenaria scolpita, che faceva parte di una cappella marchionale. Dentro c’è pure un altare con dipinto lo stemma del Comune: ricorda che all’interno o nel piazzale antistante all’edificio religioso si riunivano i capifamiglia del “Consiglio degli uomini di Dogliani”, la cui istituzione venne concessa da Manfredi I Busca.
La camminata si è conclusa scendendo di nuovo a Borgo, ad osservare quanto rimane del Convento del Carmine, costruito in un sito donato nel 1480 da Ludovico I di Saluzzo, successore di Giovanni il Grande. Del grande complesso si conservano resti della chiesa: della navata di sinistra, che corrisponde all’attuale androne di accesso al Municipio; di quella centrale, coincidente con l’intercapedine tra il Palazzo Comunale e l’odierna chiesa dei SS. Quirico e Paolo; di strutture laterali oggi adibite a Sacrestia o ad ospitare il “Museo degli ex voto e della devozione popolare”.
Alunni, docenti e Dirigente Scolastico ringraziano: l’Assessore all’Istruzione Sabrina Rolfo per aver preso parte alla passeggiata; il signor Gianmario Magliano e Don Marco Sciolla, per aver collaborato a realizzare l’iniziativa.
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