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08 Dicembre 2025 - 08:51
Foto di Samuele Silva - https://www.samuelesilva.net/blog/
Nomadi, sempre Nomadi. «Sono la Storia della musica italiana»: questo il commento che si sentiva di più, ieri sera 7 dicembre, al Palamanera di Mondovì. La band i Beppe Carletti ha fatto il pienone: sold out, tutto esaurito. Due ore di musica. E quasi "due concerti in uno", per la serata live "quasi natalizia" organizzata da Wake Up in Movì Festival.
Le foto in quest'articolo sono di Samuele Silva - https://www.samuelesilva.net/blog/


La formazione di Beppe Carletti - unico dei membri originali - ha osato tantissimo. E porta sul palco un set letteralmente diviso in due.
La prima parte è qualcosa di completamente diverso dal tipico concerto dei Nomadi. Yuri Cilloni e tutti gli altri salgono sul palco in forma "soft", seduti, con set di percussioni al posto della batteria, e attaccano con una scaletta "quasi unplugged", con una quindicina di canzoni riarrangiate in chiave folk acustico.
Inanellando pezzi vecchissimi ("Bianchi e neri", "Sera bolognese", "I tre miti", "Riverisco") in una serie di medley con materiale molto più nuovo ("Come un fiume", "La vita che seduce", "Oriente", "Amore che prendi, amore che dai" - e andando a pescare persino due pezzi da un disco come "Quando ci sarai", non così presente nelle scalette live: "L'eredità" e "Né gioia né dolore").
Una scelta quasi spiazzante, che comincia con "Per fare un uomo" e finisce con "Il vecchio e il bambino", una meravigliosa versione de "L'angelo caduto" (dedicata, come è stato ribadita da Carletti, alle vittime dei femminicidi: un brano struggente, bellissimo nella sua crudezza) e "Se non ho te", per poi lasciare spazio a un duetto di Carletti col violino di Sergio Reggioli.
E poi, intervallo. Come a teatro.


E qui cambia tutto. Cico Falcone imbraccia la chitarra elettrica, Domenico Inguaggiato (l'ultimo acquisto della band, che ha sostituito Daniele Campani dal 2023) mette da parte le percussioni e prende posto alla batteria, la band torna rock.
Da qui in poi, i Nomadi tirano fuori tutto il repertorio da classico concerto, iniziando con "Contro" - una delle canzoni contro la guerra per eccellenza - e pescando dalle grandi canzoni della loro era "gucciniana" ("Noi non ci saremo", "Canzone per un'amica", "Dio è morto" e una meravigliosa "Auschwitz" con il ledwall che proiettava immagini toccanti, fino al finale con la scritta, inequivocabile, "Cessate il fuoco ADESSO"), ma anche "Ti lascio una parola - goodbye", "Dove si va", "Io voglio vivere". E la chiusura, ovviamente, "Io vagabondo".
La reazione del pubblico è stata calorosissima, come sempre: i concerti di Nomadi vivono su una dimensione parallela e in un'atmosfera tutta loro. Un rito collettivo.
Del resto, ai Nomadi c'è ben poco da dire se non: "grazie". La Storia della musica italiana passa di qua: una band che esiste da oltre 60 anni - nati nel 1963 - e che ha attraversato una valanga di cambi di formazione, in primi quelli alla voce con l'indimenticato/indimenticabile Augusto Daolio - che puntualmente viene ricordato in ogni concerto - e che richiamano un pubblico trasversale, di ogni età, estrazione, gusti musicali. Dai fedelissimi del "popolo nomade" a quelli che li vedono live per la prima volta ma li ascoltano comunque da 40-50 anni.
La loro musica parla a tutte le generazioni, testi di decenni fa risuonano (tristemente) di un'attualità disarmante e il richiamo di quella profondità è ancora affasciante, coinvolgente, forte. E anche se la forma fisica non può più essere quella di trenta o vent'anni da oggi, i Nomadi sono sempre i Nomadi.





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