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Chiude "Mondovigraf", nel 1993 Livio e Vilma avevano rilevato la storica tipografia Fracchia

Dal piombo all'offset, dal digitale al web. In 50 anni è cambiato tutto: «Sono stati anni bellissimi. Ora resterà una sola tipografia a Mondovì»

Chiude "Mondovigraf", nel 1993 Livio e Vilma avevano rilevato la storica tipografia Fracchia

Livio e Vilma, nella loro tipografia. Sullo sfondo, la storica insegna della tipografia Fracchia

A Mondovì Gherbiana cala il sipario su una realtà storica: la tipografia Mondovigraf chiude i battenti. A guidarla, per tanti anni, sono stati Livio Grosso e la moglie Vilma Bessone, ultimi eredi di una tradizione artigianale che a Mondovì affonda le radici in oltre un secolo di storia.

Per Livio, quello del tipografo non è stato soltanto un mestiere, ma un pezzo di vita:
«Ho iniziato a 14 anni come garzone nella tipografia Fracchia, in corso Statuto – ricorda –. Ora, dopo 51 anni di lavoro, è venuta l’ora di dire basta. Ho sempre fatto il tipografo, perfino durante il servizio militare, quando lavoravo nella tipografia dei Carabinieri».

Un mestiere profondamente trasformato, quello tipografico, che Livio e Vilma hanno attraversato passo dopo passo:
«Si stampava con il piombo – racconta Livio –. Alla tipografia Fracchia stampavamo la Gazzetta di Mondovì. Ho iniziato con il piombo, poi siamo passati all’offset e infine al digitale. Mondi diversi, modi di lavorare completamente diversi».


Dal marchio Fracchia a Mondovigraf: una storia che continua

Nel 1993 il proprietario dell’epoca, Prato, cedette l’attività proprio a Livio e Vilma, che rilevarono la storica tipografia Fracchia. La sede rimase per qualche anno in corso Statuto, ma nel 1997, per ragioni logistiche e nuove normative sulla sicurezza, la coppia dovette cercare una nuova casa per l’attività. Da settembre di quell’anno la destinazione fu via di Gherbiana.

Il trasloco portò con sé anche un rinnovamento tecnologico:
«Abbiamo cambiato diversi macchinari, ormai troppo vecchi – ricorda Livio –. In questo lavoro bisogna stare al passo coi tempi, altrimenti si resta indietro».

Ma un pezzo della vecchia Fracchia non è mai stato abbandonato: l’insegna storica, restaurata dal professor Billò, cliente affezionato e grande appassionato di tipografia. «Era così affascinato dalle macchine da stampa che spesso si metteva a lavorare con noi», sorride Livio. L’insegna li ha seguiti fino in Gherbiana, restando appesa nel laboratorio per quasi trent’anni.


Una tipografia al servizio della città

Nel tempo Mondovigraf ha realizzato di tutto: libri, giornali, bollettini, depliant commerciali, grafica, manifesti e locandine.
«Abbiamo curato anche tantissime campagne elettorali – ricordano –. I “santini” dei candidati alle comunali di Mondovì, amministrazione dopo amministrazione, sono spesso passati da qui».

«Abbiamo realizzato il "vocabolario del Kyé", un lavoro incredibile per l'epoca – aggiunge Livio –. La lingua occitana ha diversi accenti sulle lettere che all'epoca non esistevano nei normali font. Con un programma mi sono messo lì è ho creato un font apposta per il libro, con gli accenti al posto giusto».

Il settore oggi è cambiato profondamente. Sempre più clienti si rivolgono al web anche per biglietti da visita, manifesti e persino libri. Nonostante questo, la professionalità e la disponibilità di Livio e Vilma hanno sempre garantito una clientela affezionata, diventata negli anni una cerchia di amici.


Un mestiere che si spegne

«Se uno volesse andare avanti dovrebbe investire in nuovi macchinari – spiega Livio –. Ma il lavoro non ci mancherebbe. A pesare sono la burocrazia sempre più stringente, le nuove norme, l’aumento delle bollette dell’energia. Tutto si somma e mette in difficoltà un settore già fragile».

Mondovì è sempre stata città della stampa: un tempo contava cinque o sei tipografie. «Ora, quando noi chiuderemo i battenti, ne resterà soltanto una», osserva con amarezza.


Una scelta difficile, ma inevitabile

Dopo una vita tra caratteri, macchine e odore di inchiostro, Livio e Vilma hanno deciso che è il momento di fermarsi.
«Crediamo di esserci meritati un po’ di riposo – dicono –. A volte non vediamo l’ora di chiudere quella porta per l’ultima volta, altre volte ci prende il magone. Forse ci pentiremo, ma era tempo di chiudere».

La saracinesca di Mondovigraf si abbassa, ma tra le sue pareti resta la storia di una famiglia e di un mestiere artigiano che per mezzo secolo ha accompagnato, silenziosamente, la vita della città.

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