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Quarant'anni di "Ritorno al futuro" film cult che ha segnato una generazione

Il viaggio impossibile di un ragazzo come tanti: la saga di Zemeckis racconta il sogno di spostarsi nel tempo e i paradossi del caso

Quarant'anni di "Ritorno al futuro" film cult che ha segnato una generazione

Una grande dote riconosciuta al cinema americano, è quella di elevare a protagonisti di esperienze straordinarie le persone comuni, e in questo Robert Zemeckis è sicuramente un maestro. Il ragazzo dal Q.I. sotto la media al centro dei principali fatti del dopoguerra americano (Forrest Gump), e il teenager che voleva passare il weekend al lago con la sua ragazza, e che si ritrova a vivere l’esperienza da sempre sognata dagli scienziati: il viaggio nel tempo. È forse questa la ragione che ha permesso a “Ritorno al futuro” di emergere tra tanta fantascienza che si è occupata di viaggi immaginari attraverso le ere. È facile immedesimarsi in Marty McFly: un giovane dai sogni comuni, come quello di diventare una rockstar, con l’unica differenza di avere un amico un po’ strano che di professione fa lo scienziato, e si dà il caso, abbia pure inventato una macchina del tempo. L’incontro nel parcheggio per filmare l’esperimento, l’imprevisto assalto dei terroristi libici e la nascita di un cult che intere generazioni amano da quarant’anni esatti: fu il 3 luglio 1985 infatti che arrivò nei cinema americani, l’Italia avrebbe dovuto attendere ottobre. Ci sono molteplici ragioni per cui il film sia diventato iconico: oltre al fascino del viaggio impossibile e della DeLorean, ci sono personaggi cuciti alla perfezione, una trama coinvolgente e ricca di dialoghi brillanti, capaci di toccare moltissimi temi d’interesse, e una certa innocenza nell’utilizzare “l’invenzione” per una semplice questione familiare e non per cambiare il mondo. Anche se il rischio di combinare un pasticcio enorme è dietro l’angolo. Bisogna evitare di scombinare il continuum spazio-temporale, o peggio ancora creare paradossi che potrebbero causare la distruzione dell’intera galassia. Nel cinema le vicende personali hanno sempre avuto una presa maggiore rispetto agli avvenimenti collettivi. Zemeckis conosce molto bene questo aspetto, come sa esattamente il confine temporale entro cui muoversi. Stimolando il pubblico più nerd, presentando un futuro verosimile, spingendosi a ritroso non oltre il 1885, epoca resa popolare dal western, e andando incontro alle esperienze del vissuto collettivo degli anni ‘50. La località di provincia dove tutti si conoscono e si può respirare un po’ dell’ “A m’arcord” felliniano: il caffè dove si ritrovano i giovani, col barista burbero e il cameriere che diverrà sindaco, la scuola col preside odiato dagli studenti, le autocitazioni e le gag che si ripetono. E poi il ballo, e il fulmine che colpisce l’orologio, generando l’energia necessaria alla macchina del tempo per riportare Marty nella sua era senza aver causato troppi danni. Già, perché il viaggio nel tempo è un’arma a doppio taglio come afferma Doc, qualsiasi modifica nel passato causerebbe una frattura nel continuo spazio-tempo, generando realtà alternative, col rischio, magari, di trovarsi un’America in mano al prepotente Biff. Nel caso occorre rimediare e rimettere di nuovo tutto in ordine, anche a rischio di finire addirittura nell’800, senza fulmini o plutonio come energia per il viaggio di ritorno, affidandosi così alla propulsione di una locomotiva a vapore. Alla fine, per forza qualcosa sarà comunque cambiato. E non solo perché Biff ha messo fine alle sue prepotenze e Doc si è salvato, ma anche perché Marty ha fatto tesoro delle proprie esperienze, e il suo futuro è di nuovo una pagina bianca ancora tutta da scrivere.

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