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10 Ottobre 2025 - 21:14
Santa Caterina del Sodoma, San Francesco di Cimabue
Da quest’anno, il 4 ottobre torna a essere festa nazionale: il giorno dedicato ai due patroni d’Italia, San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena è di nuovo celebrato con una festività. Una scelta che, forse, vuole avere il senso di ribadire le radici tradizionali del Paese ad opere di una destra di governo che si pone anche come custode vibrante della cristianità: ma che potrebbe comunque avere una valenza positiva, per la dimensione anche laica dei due santi.
San Francesco è un santo pop, e per certi versi da sempre. È stato amato in varia misura da tutte le generazioni italiche, reinterpretato con costanza da artisti, cineasti e persino movimenti politici. Sembra quasi un omaggio postumo a Papa Francesco, il pontefice “piemontese-argentino” da poco scomparso, che ne ha incarnato lo spirito con naturalezza, semplicità e fermezza. Ma prima ancora, il Movimento 5 Stelle aveva scelto proprio il 4 ottobre, festa del poverello di Assisi, come data di fondazione, accostando così – forse involontariamente – la illuministica "piattaforma Rousseau" della democrazia diretta al più radicale dei pauperisti.
Ma non è certo un’invenzione dei nostri anni inquieti, in cerca a volte disperata di un "centro di gravità permanente": già negli anni Ottanta, il Francesco di Zeffirelli e quello a fumetti di Dino Battaglia sul Giornalino lo avevano reso familiare anche al grande pubblico, esaltandone la forza poetica e la dolcezza disarmante. Un santo che attraversa i secoli come una popstar della fede, padre della nostra letteratura con il suo "Cantico di Frate Sole".
Inoltre, secondo alcune tradizioni storiche raccolte da Amedeo Michelotti, Francesco sarebbe forse persino passato per la nostra Mondovì; "nel 1220, il poverello di Assisi salì il nostro Monte e pose la prima pietra di un tempietto dedicato alla Vergine, proprio dove ora sorge la cattedrale". Michelotti sottolinea che il santo, da giovane, aveva combattuto per la sua Assisi, e quindi capiva bene le prerogative dell'indipendenza del "comune rustico" (anche forse, ma qui Michelotti si ferma, proprio per il suo pauperismo contro la corruzione del potere temporale, tanto cara a Dante e di sicuro poco al Vescovo-conte di Asti).
Accanto a lui, la terziaria domenicana Santa Caterina da Siena ha sempre goduto di minore popolarità, anche se forse merita in modo ancor più specifico, come diremo, il suo ruolo di patrona. Appare curioso che il governo di Giorgia Meloni (prima "donna, madre, cristiana" a capo di un partito, di una coalizione, di un governo... e in futuro forse di più) abbia rimosso questa potente figura femminile. È stato il Presidente Mattarella, invece, a ricordarne recentemente il ruolo di co-patrona d’Italia, quasi a restituirle la voce che le spetta. Certo, la religiosità di Caterina - celebrata anche qui da noi fin dal '300 dalla meravigliosa chiesa di Villavecchia, centro storico di Villanova Mondovì - è all'apparenza molto lontana dalla sensibilità moderna, e non esclude la "mortificazione corporale" anche dura (al netto di probabili eccessi delle agiografie di allora), segno di un tipico "annullarsi in Dio" di stampo mistico-medioevale. Ma da quell'annullamento Caterina traeva una sua grande forza.
Dottoressa della Chiesa, Caterina fu capace di dialogare alla pari con papi e sovrani, forte dell'autorità che nasceva dal suo impegnativo “matrimonio mistico” con Cristo non è solo un’esperienza spirituale: è anche la chiave attraverso cui una donna del Trecento può parlare con voce libera e autorevole, al punto da spingere il Papa e i potenti (certo, insieme ad altri fattori) a riportare la sede da Avignone a Roma, vincendo la battaglia che aveva mosso in quel secolo tutti i migliori - e grandissimi - intellettuali italiani.
In fondo, forse il 4 ottobre unisce davvero i due volti migliori delle radici cattoliche d'Italia: quello di Francesco, la fraternità, il dialogo (anche col Sultano), la custodia della natura, e quello di Caterina, che può incarnare (almeno con uno sguardo moderno) la passione della ragione, la fede vissuta anche come impegno civile.
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