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Da Atreju a Stranger Things: come la destra italiana ha costruito il suo immaginario pop

La lunga storia delle "appropriazioni culturali" racconta l’evoluzione pop della destra italiana.

Da Atreju a Stranger Things: come la destra italiana ha costruito il suo immaginario pop

A Roma si sta svolgendo Atreju 2025, la storica manifestazione della destra italiana: mai importante come in questi anni, in cui è espressione della cultura al governo del paese, piaccia o meno.

Nata quando l’area politica di riferimento era ancora Alleanza Nazionale, oggi è diventata un appuntamento di Fratelli d'Italia, nella continuità simbolica con il Movimento Sociale Italiano attraverso la fiamma tricolore. Atreju è ormai un marchio riconoscibile, un contenitore politico e culturale che ogni anno ripropone un modello comunicativo fondato sull’ibridazione tra politica e immaginario pop. In una buona parte, questo mash-up deriva dalla cultura nerd che Giorgia Meloni non ha mai fatto mistero di possedere, e che ha saputo sfruttare abilmente, ovviamente assieme ad altri aspetti, per raggiungere l'attuale posizione di supremazia politica in ambito nazionale.

Atreju è, ovviamente, il protagonista de "La Storia Infinita" di Michael Ende, in lotta contro il "grande nulla" che minaccia il regno di Fantasia. L'opera, del 1979, è una grande allegoria della scrittura e del suo significato, che a un primo livello si può leggere come un godibile fantasy ricco di elementi avventurosi.

Ma la storia della "appropriazione culturale" (si conceda l'uso dell'espressione) da parte della destra italiana rispetto alla cultura pop inizia prima. La svolta è collocabile nei primi anni '70. Tolkien aveva pubblicato già negli anni '50, ma in Italia era giunto nel 1967 con una edizione che, nel 1970, venne riedita con la  fondamentale introduzione di Elemire Zolla, autore critico verso il progressismo, che ne sottolinea il potenziale simbolico e mitopoietico. Sono anni di profonda trasformazione: l'Italia ha compiuto la profonda modernizzazione del boom (1955-1963) e si prepara la grande rivoluzione culturale del '68, che cambierà anche la destra. La sinistra, ancorata alla tradizione neorealista difesa anche da Gramsci, guarda con molto scetticismo al fantasy, percepito come tradizionalista e "di destra", e di fatto consente così alla destra di rivendicarlo al proprio campo. Come scriveranno in anni recenti i Wu Ming, un grave errore nella battaglia culturale, dato che il fantasy diventerà sempre più pop con i giochi di ruolo, i videogame, il cinema, dagli anni '80 in poi.

Nascono così i Campi Hobbit (dal 1977), veri e propri festival in cui Tolkien diventa un linguaggio comune e condiviso. Il fantasy viene reinterpretato come un repertorio epico, “tradizionalista”, radicato in una presunta identità profonda dell’Europa. Un’operazione non priva di limiti, forzature e contraddizioni, certo, ma che sostanzialmente funziona.

Negli anni ’90 si compie una nuova trasformazione. La storia infinita di Michael Ende – autore tutt'altro che vicino alla destra – viene reinterpretata in chiave simbolica. Il personaggio di Atreju diventa, dal 1998, il nome della convention giovanile di Alleanza Nazionale. Ende, per la sua dimensione mitopoietica e la sua scrittura aperta, si presta a una lettura identitaria: una storia di formazione, di coraggio, di un mondo da salvare. A creare la manifestazione è proprio una giovane Giorgia Meloni, che avrebbe di lì a poco scalato sempre più il partito del suo mentore politico Gianfranco Fini. Nel 1994 la destra italiana era, per la prima volta, andata al governo grazie a Berlusconi; nel 1996, con la "svolta di Fiuggi", aveva trasformato in parte i propri riferimenti culturali, distaccandosi di fatto dal riferimento al fascismo (ovviamente, non convintamente, non sufficientemente, per gli avversari politici).

Interessante notare come vengano evitati quegli immaginari popolari in cui la metafora antifascista è troppo esplicita, come in Star Wars, dove "l'Impero" è una metafora abbastanza trasparente di un fascismo su scala galattica. E se questo è fantascienza (anche se molti lo avvicinano a un "fantasy tecnologico") lo stesso accade con Harry Potter: nonostante in anni recenti J.K. Rowling sia diventata un riferimento per alcuni settori della destra globale, soprattutto per le sue battaglie contro la cultura LGBT, la saga ha aperti riferimenti antinazisti nella figurazione di Voldemort e dei Mangiamorte, e quindi viene evitata.

Di recente, anche la Lega ha fatto un tentativo: l'uso estemporaneo dell’immaginario di Stranger Things, riprodotto tramite IA per una campagna contro i “maranza”. È un caso interessante perché rivela un nuovo metodo: non più la costruzione di un pantheon identitario stabile, ma la cattura veloce di immagini pop riconoscibilissime, rese politicamente neutre dall’estetica. Vedremo se si è trattato di uno sporadico ballon d'essai, o se diverrà anche per la Lega una strategia più strutturale.

In ogni caso, le campagne che imitano Stranger Things, i riferimenti a Tolkien o Ende, la persistenza del marchio Atreju, sono tutti segnali che indicano come la destra italiana ha capito da tempo una cosa fondamentale. Nell'era dell'immagine, la politica non parla più solo attraverso programmi, ma attraverso narrazioni pop, simboli condivisi, mitologie diffuse. E la battaglia culturale si combatte ormai anche lì, in mezzo all’immaginario comune.

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