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19 Aprile 2018 - 13:20
"L'Isola delle Badanti, tra casa trovata e casa lasciata" è l'immagine con cui l'Associazione Mondoqui ha vinto il concorso fotografico Photovoice nella categoria Associazioni
La parola è nuova. È una parola che ha che fare con i vecchi – ma è giovane. È il participio presente del verbo badare, che a sua volta ha una storia recente. Viene da un verbo latino batare, che vuol dire “stare aperto”, “tenere la bocca aperta”. Ha una storia recente perché questo verbo compare in latino molto, ma molto tardi: non prima dell’VIII secolo dopo Cristo, quando ormai il latino era solo lingua scritta e nella vita di tutti i giorni non lo parlava già più nessuno.
Nel Medioevo il verbo derivato badar, con il significato di “stare aperto” ha una certa fortuna in provenzale – e per quanto strano possa sembrare, ancora oggi nel 2018 sbadò si usa con lo stesso significato dell’occitano medievale in alcuni dialetti delle Alpi Liguri. Lascia pa tut ësbadò – mi intima infatti mia madre quando dimentico aperta una porta-finestra.
Tra una porta spalancata e una badante moldava, tuttavia, c’è una certa differenza. È il toscano a fare la differenza, se è vero che già nel 1294 Guittone d’Arezzo usa il verbo con il significato che ha oggi in italiano: “prendersi cura” di qualcosa e di qualcuno. Di lì in avanti è tutto in discesa: badare vuol dire “curarsi di qualcuno o qualcosa”, “fare attenzione”, ecc. Ma il participio compare abbastanza tardi, come nome autonomo: e all’inizio badante significa ragazzo (maschio) addetto alla custodia di animali tipo oche, pecore, vacche, vitelli.
Tutto cambia per merito, o colpa, di Umberto Bossi al quale molti attribuiscono il trasferimento di significato – con un evidente fine dispregiativo per gli assistiti, più che per le assistenti. Se prima badante era il ragazzo che guardava le oche, ora la badante assume il ruolo del ragazzo – ma gli anziani e i malati quello delle oche.
Qualcuno infatti arriccia il naso, all’inizio. Per un certo tempo la parola viene evitata come politicamente scorretta – tanto più se davvero l’ha rivitalizzata un leghista, cioè uno che con il politicamente scorretto ci va a nozze per partito preso e ci si diverte come un topo nel formaggio. Ma poi la burocrazia se ne innamora, se ne impadronisce, la usa a man bassa – e così la badante viene sdoganata, in tutti i sensi, ed entra a fare parte a pieno titolo del lessico italiano di alta frequenza. Anche l’Accademia della Crusca la riconosce, la accetta e ne parla (http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/parole-nuove/badante). La badante entra nei dizionari della lingua italiana e non solo nelle raccolte di neologismi di origine giornalistica.
Ormai, la parola si avvia a compiere i suoi trent’anni di vita, se è vero (ma io non ne ho nessuna certezza) che la sua prima attestazione in senso moderno si ha nel 1989 – in un quotidiano di tiratura nazionale che parla di “badanti notturne”.
Il 1989, il 1989… Mi sembra di averlo già sentito da qualche parte. Ah già, ma non è l’anno in cui crolla il muro di Berlino? Sta’ a vedere che ’sto muro è venuto giù solo per quello, perché noi da questo versante della barricata avevamo bisogno di badanti moldave, romene ed ucraine.
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