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15 Luglio 2025 - 18:03
Il pm aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi. «La quantità di hashish non è modica, ma può far parte della riserva di una persona dipendente» ha obiettato l’avvocato difensore
A suscitare la rabbia della compagna era stato un episodio di maltrattamento nei confronti di un animale: «Il cane aveva urinato sul pavimento e lui lo aveva preso a calci». Dalla successiva denuncia della donna è scaturito il processo nei confronti di A.O., pregiudicato di nazionalità marocchina residente a Ceva. Non per maltrattamenti all’animale, ma per spaccio.
In casa dell’uomo, infatti, i Carabinieri avevano rinvenuto quattro grammi di hashish e 400 euro in contanti, sequestrati insieme al telefono dell’indagato. Un quantitativo sufficiente per smerciare cinquantacinque dosi di “fumo”. In quell’alloggio, secondo la ex convivente, avrebbe nascosto anche cocaina, nelle gambe del letto.
La loro era stata una relazione breve, nata su Facebook. All’epoca la donna era residente in Liguria: «Lui sapeva che fumavo il crack e allora me l’aveva proposto». Quando aveva infine deciso di lasciare quel posto, dopo una decina di giorni, l’uomo avrebbe preteso il saldo di tutta la cocaina che aveva consumato gratis. Per questo i due erano andati a Mondovicino: «Ho comprato dei vestiti sia per me che per lui, aveva detto che avremmo scalato dalla somma che gli dovevo per la droga».
Per l’imputato il pubblico ministero Anna Maria Clemente aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi, ritenendo non concedibili le attenuanti «anche per i gravi e numerosi precedenti». «La quantità di hashish non è modica, ma può far parte della riserva di una persona dipendente» ha obiettato l’avvocato Roberto Tesio. La vicenda si è chiusa con un’assoluzione da parte del giudice Elisabetta Meinardi.
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