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Elettricista schiacciato dal carrello elevatore: la Procura accusa le aziende

Daniele Peroncelli perse la vita a 32 anni sul lavoro, a settembre è attesa la sentenza del processo. La difesa: «Fu imprudente»

Elettricista schiacciato dal carrello elevatore: la Procura accusa le aziende

Il capannone della Trae, nel riquadro la vittima Daniele Peroncelli

Non una «sistematica condotta di sciatteria» da parte dell’azienda, né quel «totale disinteresse per la salute dei lavoratori» evocato dal pubblico ministero in aula. Secondo le difese, all’origine della tragedia del 14 gennaio 2020 ci sarebbe piuttosto «un atteggiamento sbrigativo» e «la violazione dei più elementari canoni di prudenza» da parte del lavoratore stesso.

Quel giorno perse la vita Daniele Peroncelli, 32 anni, elettricista di Busca, padre di una bimba di due anni. Fu una tragedia che colpì nel profondo anche il territorio monregalese: la moglie, Stefania Cuniberti, è infatti originaria di Pascomonti. Per anni dipendente della ditta locale Imq, specializzata in installazione di impianti, Peroncelli da poco aveva avviato una propria attività pur continuando a collaborare con gli ex datori di lavoro.

Anche il 14 gennaio stava lavorando per loro: bisognava sostituire alcune lampade nel capannone in costruzione della Trae, azienda di autotrasporti della zona industriale di Busca. Un incarico di routine, non particolarmente complesso. Ma mancava una scala sufficientemente alta e Peroncelli decise di utilizzare un carrello elevatore lasciato incustodito da un imbianchino.

Non aveva però l’abilitazione per guidarlo. «Era appena diventato autonomo, aveva bisogno di lavorare» ha ricordato l’avvocato Vittorio Sommacal, legale della famiglia. Una scelta costata carissima: durante una manovra l’elettricista urtò con la testa una capriata del soffitto e rimase schiacciato dalla piattaforma.

«Per otto ore è rimasto su quel mezzo e nessuno è intervenuto» ha denunciato in aula il sostituto procuratore Alessia Rosati, sottolineando che non si può parlare soltanto di responsabilità personale. Per la Procura, infatti, a processo devono rispondere in quattro: i due amministratori di Imq, il titolare della Trae e l’imbianchino che aveva lasciato incustodito il carrello.

Nei loro confronti sono state chieste condanne comprese tra due e tre anni di reclusione. La posizione più grave, secondo l’accusa, è quella della ditta subappaltatrice: «In Imq era prassi affidare lavori in quota a personale non abilitato» ha sottolineato il pm. Ma responsabilità vengono attribuite anche alla Trae, accusata di non aver verificato chi effettivamente operasse nel proprio cantiere.

Le difese respingono le accuse e rimbalzano le responsabilità. «Trae avrebbe dovuto ridurre al minimo i rischi di interferenze» sostiene l’avvocato Attilio Martino, difensore dei gestori di Imq. «Non c’erano elementi per immaginare che l’impresa subappaltasse a un soggetto privo dei requisiti» replica l’avvocato Giulio Magliano per la Trae. Un punto, tuttavia, sembra condiviso da tutti: la condotta di Peroncelli viene descritta come «impropria e abnorme», un comportamento che lo avrebbe portato ad assumersi un rischio non previsto né prevedibile dal datore di lavoro. «Era quasi alla fine dell’intervento, probabilmente aveva fretta» ipotizza ancora l’avvocato Martino.

A Busca lo conoscevano in molti. Per il pubblico ministero questo rappresenta un’aggravante: «sapevano che non aveva il patentino per guidare la piattaforma». Papà della piccola Marta, Peroncelli era stato attivo nella Pro loco di Bosco di Busca e candidato del Movimento 5 stelle alle elezioni comunali. Il 19 settembre è attesa la sentenza.

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