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18 Settembre 2025 - 10:11
Davide Danni, fondatore di "Panatè - GliEvitati" e oggi presidente dell'Associazione Articolo 27
Era il 2019 quando Davide Danni iniziava il suo progetto: una cooperativa per far produrre il pane nelle carceri. Lui, oggi, dice che lo ha fatto «con tanta buona volontà… ma con un po’ di incoscienza e inconsapevolezza». Ma in cuor suo sapeva benissimo che stava facendo nascere qualcosa di importante.
Cinque anni fa, da un imprenditore di Mondovì, nasceva la cooperativa “Panatè - GliEvitati”. Oggi siamo a un punto di svolta. Un giro di boa così importante – se verrà completato – che forse era impossibile persino da immaginare: «Non abbiamo solo creato un ponte per unire carcere, lavoro e cultura, ma abbiamo iniziato a percorrerlo insieme alle tante realtà che hanno preso parte a questa iniziativa». Il Festival “Articolo 27 Expo” svoltosi a Cuneo ha dato il via a una rete: il settore imprenditoriale fa fronte comune per parlare di lavoro dietro le sbarre.
Un tema, diciamolo subito, che per molti è scomodo. Un tabu intoccabile, di cui “meno si parla e meglio è”. E invece no: bisogna parlarne. E se si è messa in campo anche Giuliana Cirio, numero uno di Confidustria Cuneo e oggi presidente di Fondazione Industriali Ets, un motivo ci sarà: «La differenza sta proprio qua: non è vero che “non sono affari nostri” – ha detto, all’apertura dell’evento –. Lo sono eccome. Qui non si parla di essere “buonisti”, ma di essere umani. Non si parla di volontariato, ma di impresa».
Prima di tutto, il lavoro in carcere funziona: «È un ambiente in cui si può fare lavoro vero: l’impresa ha spesso necessità di affidare lavori che richiedono spazi concentrati per mansioni seriali».
E in secondo luogo, numeri alla mano, è l’unica vera soluzione alla recidiva: «Se in Italia il 70% dei detenuti torna a commettere reati, vuol dire che… il problema non si sta risolvendo – afferma Danni, presidente della neonata Associazione Articolo 27 –. Ma laddove il detenuto riesce a inserirsi correttamente nel mondo del lavoro, questa crolla al 3-4%».
Al festival, svoltosi per tre giorni a Cuneo, hanno partecipato oltre 20 imprese di lavoro in carcere. Danni: «Una cooperativa, quando è sola, può fare poco. Si imbatte in mille difficoltà, deve crearsi ogni percorso e alleanza. Ma se ci mettiamo insieme, le cose cambiano». Le difficoltà possono essere affrontate, le soluzioni trovate possono essere esportate. «Abbiamo portato a Cuneo 22 espositori di imprese carcerarie e altre 24 realtà e progetti legati all’economia carceraria che hanno potuto raccontare i propri prodotti e le proprie esperienze.
Nel complesso, a Cuneo si sono condensati esempi virtuosi legati al carcere da ben 11 regioni d’Italia, dalla Sicilia al Friuli-Venezia Giulia». Mario Antonio Galati, provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria: «Gli istituti devono funzionare a partire dalla conoscenza approfondita dei singoli detenuti. Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta contano una popolazione carceraria di seimila persone: il nostro obiettivo è definire e attivare seimila percorsi che avvicinino i detenuti al mondo del lavoro, uno per ogni detenuto». È nato tutto qui, con poche persone e tre soli detenuti che hanno voluto cominciare a impastare, far lievitare, cuocere. La svolta è a portata di mano.
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