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17 Luglio 2025 - 08:38
L'Italia ha fame di minerali rari. C’è da alimentare tutto un indotto di applicazioni tecnologiche e informatiche (ma non solo) e, con contrapposizioni internazionali sempre più forti e pericolose, diventa strategico per l’economia del Paese pensare a diventare il più possibile autonomi negli approvvigionamenti delle materie prime.
Un Decreto legge, varato da Parlamento e Senato, consentirà la riapertura di siti minerari attualmente inutilizzati, per permettere l’estrazione di questi elementi utili e sfruttarli finché è possibile. Primo passo, già operativo, la creazione di una mappa nazionale dei giacimenti inutilizzati. Seconda tappa: il Programma Nazionale di Esplorazione Mineraria generale appena approvato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE) con 14 progetti di ricerca distribuiti su tutto il territorio nazionale, ai quali si aggiunge la mappatura nazionale dei depositi dei rifiuti estrattivi prevista dal progetto PNRR URBES.
Il programma, la cui realizzazione è stata affidata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) al Servizio Geologico d’Italia di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), coinvolge 15 unità operative e oltre 400 specialisti, con un investimento di 3,5 milioni di euro dedicati alla prima fase di indagine sui depositi naturali.
L’obiettivo è costruire un quadro aggiornato delle potenzialità minerarie nazionali, integrando le informazioni storiche con una nuova campagna di esplorazione, a oltre 30 anni dall’ultimo investimento pubblico nel settore. Il programma mira, inoltre, a fornire indicazioni preliminari agli investitori italiani ed esteri sulla disponibilità di materie prime presenti nel Paese.
COSA SI CERCA Le attività di indagine si concentreranno sulle aree più promettenti, selezionate da un team di esperti. Il focus sarà rivolto in particolare a numerose materie prime critiche e strategiche individuate dalla Commissione Europea, tra cui: litio, boro, grafite, rame, manganese, fluorite, barite, feldspato, antimonio, tungsteno, titanio, bismuto, arsenico, magnesio, terre rare e metalli del gruppo del platino. L’attenzione si estende anche ad altri minerali di interesse per l’industria nazionale, come zeoliti e minerali industriali.
L’esplorazione interesserà quasi tutte le macroaree geografiche del Paese, concentrandosi in particolare su territori già noti per la loro potenzialità mineraria o per la presenza di formazioni geologiche favorevoli. A Nord-Ovest, in Piemonte l'attenzione si concentrerà sull’area di Finero (Verbano-Cusio-Ossola) per l’indagine sui metalli del gruppo del platino (PGM), mentre nelle rocce liguri verranno esplorati giacimenti di rame e manganese. Sempre in Piemonte e in Liguria si cercherà di approfondire la conoscenza dei depositi di grafite. In alcune aree del Piemonte, sarà analizzato anche il potenziale del litio.
IL FUTURO Durante la prima fase di esplorazione, verranno condotte esclusivamente indagini non invasive, tra cui l’analisi di immagini telerilevate, rilievi geologici, geochimici e geofisici, anche mediante l’impiego di sensori aviotrasportati. Saranno inoltre sperimentate tecnologie avanzate come la radiografia muonica, basata sull’utilizzo di particelle cosmiche, e l’impiego di software di intelligenza artificiale per l’elaborazione e l’integrazione dei dati acquisiti. Eventuali sondaggi esplorativi diretti saranno previsti, ove necessari, solo nelle fasi successive (fase 2 e fase 3), e comunque subordinati alle opportune valutazioni ambientali.
LA GRAFITE VAL BORMIDA Tra le indagini preliminari di prospezione mineraria c’è anche quella per valutare il potenziale minerario delle mineralizzazioni di grafite localizzate nell’alta Val Bormida in Provincia di Savona, ma all’interno della diocesi di Mondovì. L’area è stata oggetto di coltivazione mineraria di antracite e grafite sino alla seconda metà del ‘900 e si trova nei comuni di Murialdo, Calizzano, Osiglia e Mallare. La grafite (oltre che per le "mine" delle matite) è un ottimo conduttore di elettricità, quindi si usa in elettrodi (ad esempio nelle batterie o celle elettrolitiche) e pannelli di motori elettrici. L’Appennino savonese racchiude anche un enorme giacimento di titanio, ma problematiche ambientali che ne precludono l’estrazione a cielo aperto.
NEL MONREGALESE Nella mappa nazionale dei giacimenti nel Monregalese sono segnalati i siti a Lurisia di Roccaforte, dove si estraevano minerali radioattivi. Nel territorio della Valle Corsaglia, tra Montaldo e Frabosa Sottana, si segnala un giacimento di barite, filone presente in profondità, mentre a Montaldo nel sito di Frazze Rocconi sono presenti l’ematite e i minerali del manganese. Nel territorio cebano a Garessio, è indicato un filone di galena argentifera. Nei territori di Bagnasco, Nucetto e Perlo sono segnalati tre giacimenti di lignite picea. Galena argentifera è ipotizzata anche nei confini dei Comuni di Castelnuovo di Ceva e Priero, mentre in Valle Bormida, a Murialdo, Osiglia e Calizzano sono presenti (come abbiamo visto) giacimenti di grafite. A Osiglia e a Bormida inoltre, è segnalata l’antracite. Infine, a Bardineto risultano tre giacimenti di barite. Questi siti potrebbero riaprire quindi, ed essere scavati per ricavare i materiali?
LE MINIERE NEL MONREGALESE
L’ESPERTO «È molto difficile valutare la possibilità che i giacimenti chiusi presenti sul nostro territorio possano tornare ad essere lavorati e sfruttati – ci dice il geologo Aldo Acquarone, interpellato da L’Unione Monregalese a settembre dello scorso anno in occasione della stesura della mappa –: occorre infatti approfondire le conoscenze disponibili per capire bene il quantitativo di materiale, l’estensione e le caratteristiche del giacimento in modo da poter analizzare caso per caso se l’estrazione può giustificare l’investimento. In molti casi, i giacimenti che sono stati elencati infatti non hanno estensioni tali, ma appunto bisognerebbe fare ulteriori studi e indagini. Ma se ne fanno anche su siti vergini. Ci sono permessi di ricerca aperti, tra cui uno nella Valle Tanaro proprio per la ricerca di litio».
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