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19 Luglio 2025 - 10:30
“Eh ma Sinner vive a Monte Carlo, non paga le tasse in Italia… che italiano sarebbe?” Questo classico commento Social pseudo-ironico riappare puntuale ogni volta che Jannik Sinner fa qualcosa di straordinario o vince un torneo (e il successo questa volta è stato Wimbledon, una vittoria storica, ricordiamocelo)
Lo abbiamo visto anche noi de L'Unione Monregalese, proprio nella nostra pagina Facebook. Da quando Sinner è diventato numero 1 al mondo ha reso orgogliosi milioni di italiani…, ne ha convinti molti altri ad appassionarsi di nuovo al tennis, ha spinto migliaia di bimbi a prendere la racchetta in mano... eppure non basta. Per certi puristi della cittadinanza, senza F24 e residenza fiscale nel Bel Paese, non sei dei nostri e non sei degno di sventolare il tricolore.
Benissimo. Allora, senza la pretesa di realizzare un trattato economico-fiscale, facciamolo davvero questo gioco. Prendiamo sul serio l’idea che per essere “veri italiani” bisogna pagare le tasse in Italia. (Spoiler: i numeri non vi faranno piacere).
L’Agenzia delle Entrate — sì, quella che manda le lettere “gentili” con oggetto “invito alla compliance” — ci dice che, in un solo anno (il riferimento è al 2021), sono "spariti nel nulla" oltre 84 miliardi di euro. Non è un errore di battitura. Sono ottantaquattro miliardi, l’equivalente di tre belle manovre finanziarie...
"Nella Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva del 2024, presentata dal Ministero dell'Economia e delle finanze – si legge sul sito della Camera dei deputati – emerge che il tax gap, in termini assoluti, nel 2021, è risultato essere di circa 96 miliardi di euro, di cui 84,4 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,6 miliardi di mancate entrate contributive".
Questo “buco”, come ricordano i deputati nella loro nota dello scorso giugno, ha un nome elegante: tax gap. Suona quasi come un’etichetta modaiola, ma è la misura esatta dell’ipocrisia fiscale italiana.
Ci scandalizziamo per Sinner e la sua residenza a Monte Carlo, ma poi nessuno dice nulla se il vicino affitta casa senza ricevuta o se, per avere uno sconto di qualche euro, rinunciamo alla fattura o se in un negozio ci si "dimentica" di emettere lo scontrino.
Quegli oltre 80 miliardi che "mancano" allo Stato arrivano principalmente dal mancato incasso dell'IRPEF da lavoro autonomo e di impresa (oltre 25 miliardi), seguita da IMU-TASI, IRES, IRAP e, immancabile, dall'IVA (quasi 30 miliardi).
Facciamo due conti: ogni italiano (neonato compreso) “evade” in media 1.400 euro l’anno. Ovviamente non è così: qualcuno evade per tutti.
L’evasione fiscale in Italia è democratica: la trovi ovunque, da Nord a Sud, tra autonomi e imprenditori, professionisti e partite IVA. È l’unico sport nazionale più popolare del calcio.
L’IRPEF evasa dai lavoratori autonomi ha un tasso di “compliance” reale inferiore al 50%. In pratica, dichiarano la metà di quel che guadagnano. A volte anche meno.
E poi c’è l’IVA: l’Italia è tra i peggiori d’Europa. I 30 miliardi che mancano ogni anno valgono quasi quanto il bilancio della Difesa. Ma guai a dirlo: per molti “è colpa dello Stato che ti costringe a evadere”.
"Quanto può durare un Paese in cui il 60% non paga tasse? E un 24% versa quelle appena sufficienti per pagarsi i servizi di base? E in cui tutto il carico fiscale è sulle spalle del 17% della popolazione che dichiara redditi da 35 mila euro lordi l’anno in su?", si chiede il "Corriere della Sera" in un interessante articolo a firma Alberto Brambilla.
Nel 2024, l’Agenzia delle Entrate ha celebrato un record: 26,3 miliardi recuperati (+6,5%), che salgono a 33,4 miliardi con gli introiti non erariali. Un traguardo notevole, ma è un po’ come recuperare 26 euro dopo che te ne hanno rubati più di 80. Il grosso resta nel borsello dell’evasione, che continua a prosperare indisturbata… e a volte persino giustificata. I dati
Già, perché in Italia l’evasione non è solo un reato: è quasi una tradizione culturale. “Lo Stato non mi dà niente”, “con tutte le tasse che pago”, “se non lo faccio io lo fa qualcun altro”: è il campionario delle scuse nazionali, insieme alla pasta scotta e ai parcheggi creativi.
Se davvero essere italiani significa “pagare le tasse qui”, allora cancelliamo milioni di codici fiscali. Diciamolo chiaramente: l’evasione fiscale è più italiana degli italiani, più italiana anche di Jannik Sinner.
E se proprio vogliamo fare il test di italianità a suon di 730 e redditi certificati, dovremmo cominciare da chi vive in Italia e non versa un centesimo, non da chi gioca a Wimbledon e risiede a Montecarlo.
La Commissione Europea lo dice da anni: l’Italia ha un problema serio con l’adempimento fiscale. In Germania si evade meno della metà. In Svezia, evadere è quasi un atto di vergogna pubblica. Da noi è ancora visto come una furbizia. Se va bene, una necessità. Ma sempre, in fondo in fondo, accettata.
In altri Paesi, chi evade è un ladro. In Italia, è “uno che si arrangia”. Ma continuiamo pure a preoccuparci di dove vive e paga le tasse Sinner.
Se essere italiani significa contribuire al bene collettivo — e pagare le tasse è il primo passo — allora forse Jannik Sinner è più italiano di molti altri.
E se invece vogliamo continuare a misurare l’italianità a colpi di residenza fiscale… allora prepariamoci a svuotare lo Stivale. Perché il vero esodo non è verso Monte Carlo, ma verso il sommerso.
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