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Il Cesar Palace può trasformarsi e avere una seconda vita? La sfida in una tesi di laurea

La proposta della neo dottoressa in architettura Sara Parodi: niente demolizioni, ma un grande laboratorio di innovazione artigiana e centro culturale per la comunità

Il Cesar Palace vent'anni di abbandono. La sfida del riuso in una tesi di laurea

La foto dei locali abbandonati è di Lorena Durante (Stories of Decadence), nel riquardo l'arch. Iunior Sara Parodi

 

Non demolire tutto e costruire dal nuovo, ma per quanto possibile «riutilizzare» l'esistente. È il principio guida, improntato alla sostenibilità e alla valorizzazione (anche sociale), dietro al lavoro di Sara Parodi, che non ha ancora compiuto 28 anni e lavora come architetto Iunior presso lo studio "Integra Progetti Associati" di Villanova Mondovì. La sua tesi di laurea magistrale in "Architettura per la Sostenibilità", conseguita lo scorso 25 luglio presso il Politecnico di Torino, con il professor Gustavo Ambrosini come relatore e le professoresse Silvia Tedesco e Manuela Rebaudengo come correlatrici, si concentra sul recupero dell’ex discoteca Cesar Palace di Magliano Alpi: «un caso studio per la trasformazione di contenitori dismessi in luoghi plurali a servizio della collettività».

 

Benché confinato in ambito accademico, non si tratta comunque di un progetto «campato per aria». La dottoressa Sara Parodi si è messa in contatto con l’allora sindaco di Magliano Marco Bailo e con la proprietà, svolgendo rilievi sul posto, realizzando un progetto architettonico e anche un piano di fattibilità economica. Sono sostanzialmente due le destinazioni d’uso a cui l’enorme e iconico contenitore vuoto, abbandonato da quasi 20 anni, potrebbe essere destinato: una bottega di lavorazione del legno (considerando la presenza nell’area di due aziende d’eccellenza nel settore) e un centro culturale-educativo da gestire attraverso un partenariato pubblico-privato.


 

Come si presenta ora la facciata del Cesar Palace, foto Dusty Dancing

 

La storia 

Ma prima bisogna fare un passo indietro. Il Cesar Palace è quello che gli inglesi definirebbero un «elefante bianco»: strutture imponenti, costose da realizzare e mantenere, ma ormai prive di una reale funzione. L’edificio, che negli anni ha cambiato più volte identità – "Il Centro", "Hyppodrome", "Cinecittà" – ha definitivamente spento la musica nel 2007. Sorge ancora, imponente, in mezzo a una distesa d’asfalto all’incrocio tra la Statale 28 e la Provinciale 442. I tempi in cui il locale poteva accogliere fino a tremila persone e ospitare grandi nomi quali Edoardo Bennato, Claudio Baglioni e i Pooh non sono mai stati così lontani.

 

La proprietà ancora oggi è della società privata "Il Centro srl", che da anni cerca senza successo un acquirente. Due sono i soci rimasti. Non molto tempo fa un’azienda si è fatta avanti, interessata a impiantare su parte di quell’area (86 mila metri quadri in tutto, più un campo da calcio abbandonato) i «famigerati» Bess, ovvero sistemi di accumulo dell’energia a batteria. Usiamo questo termine non in maniera dispregiativa, ma perché a Magliano questo tipo di progetti è diventato un vero e proprio «caso» politico che ha poi portato a una spaccatura nella maggioranza e alla decadenza del sindaco. Oggi il Comune è affidato a un commissario ed essendo tutto vincolato all’approvazione dell’Amministrazione, va da sé che l’intera trattativa di acquisizione si è bloccata.


 


Il piano: due anime, un solo spazio

 

Sara Parodi vuole però rovesciare la prospettiva: non vendere per demolire e fare altro, ma investire su un riutilizzo degli spazi. Il progetto, da lei ideato, prende il nome di "Square+" e punta a rifunzionalizzare gli spazi-simbolo del divertimento cuneese in un polo culturale e produttivo. Il piano si fonda su alcuni principi cardine: il riuso dell’esistente, la valorizzazione degli elementi architettonici originali, il recupero dei materiali, l’inverdimento delle superfici esterne e la gestione sostenibile delle acque meteoriche. Un’attenzione particolare è riservata all’efficienza energetica e all’attivazione di processi di valorizzazione sociale.


Il rendering esterno del progetto, tratto dalla tesi di Sara Parodi

Per dare gambe al progetto, si ipotizza un partenariato pubblico-privato almeno per la parte del centro culturale. L’edificio, pur restando di proprietà privata, verrebbe messo a disposizione della comunità per servizi di pubblica utilità. Le attività interne a fronte del riconoscimento di un canone di disponibilità dovrebbero garantire alla proprietà un ritorno economico sufficiente a coprire l’investimento iniziale e i costi di manutenzione.

 

Il modello economico: pubblico e privato insieme

 

L’intervento complessivo ammonterebbe a 2,63 milioni di euro, comprensivi di opere edilizie, impianti, finiture, sicurezza e spese tecniche. Il canone di disponibilità verrebbe calcolato in base alla superficie destinata al centro culturale e dilazionato su un periodo compreso tra i 10 e i 20 anni. Per quanto riguarda invece tutta l’area, considerando vari macrointerventi (tra cui rimozioni e demolizioni, nuove opere, isolamenti, impermeabilizzazione e nuovi impianti), le stime lievitano a 5,74 milioni di euro.


 

Un rendering degli spazi interni (tesi Sara Parodi)

Un'alternativa alla demolizione

 

«Il progetto "Square+" − scrive Parodi nelle conclusioni − è in parte visionario. L’obiettivo principale è quello di consapevolizzare sull’importanza di cercare nuove strategie e di avere la capacità di darne un esito. Mi sono avvicinata al Cesar Palace perché ha da sempre rappresentato un nodo irrisolto per la comunità del Monregalese; sono cresciuta passando davanti a quell’enorme insegna moltissime volte, chiedendomi spesso in cosa avrebbero deciso di trasformarlo. Demolire non è sempre la soluzione più efficace. La discoteca di Magliano Alpi non è solo un simbolo di continuità storica e generazionale; nella sua concezione si porta la ricchezza di un’architettura d’avanguardia, nata nel genio di quegli anni. Le potenzialità che incarna sono molteplici. Il tutto deve rapportarsi ad una coscienziosa valutazione di costi e benefici, di forme di investimento valide e possibili, qualsiasi processo di trasformazione non può essere solido senza valide strategie di fondo. In questo lavoro ho provato a descriverne qualcuna».

«Questi luoghi possono tornare a essere spazi generativi per la collettività? La risposta, a mio avviso, può essere sì. La sfida è progettare con visione, distribuendo i costi nel tempo e restituendo alla comunità un hub di cultura, lavoro e socialità. Possono diventarlo perché ne hanno le potenzialità. Questo lavoro è nato con l’intento di dimostrare come esistano strategie alternative capaci di rientrare dalle spese su un arco temporale abbastanza ampio tale da garantire a questi “giganti” di tornare ad essere veri e propri hub di catalizzazione sociale».

 

 

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