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Viaggio in bicicletta, un banco di valigie e lavarsi alla fontana: la fiera del passato nei ricordi dei venditori storici

A tu per tu con gli espositori di lungo corso: come è cambiata negli anni e come si lavorava una volta? I ricordi di Luciana Miceli, tra i venditori di maggiore esperienza della Fiera del Santuario, e le voci di ambulanti che frequentano la manifestazione, alcuni fin dalla prima infanzia

Viaggio in bicicletta, un banco di valigie e lavarsi alla fontana:  la fiera del passato nei ricordi dei venditori storici

Girando tra i banchi ogni anno ci sono tante novità, ma non mancano i punti fermi, le consuetudini incrollabili. Quelle insegne e quelle tende che da tempo immemorabile frequentano la fiera e si trovano sempre nella stessa posizione.

Abbiamo fatto una chiacchierata con alcuni di loro, per capire come è andata la manifestazione, ma soprattutto per comprendere come hanno visto cambiare la fiera in tutti questi anni. Tra questi sicuramente ci sono i venditori di torrone: Luca Vallati è l’attuale titolare dello stand che vende torroni e dolcetti nell’area antistante alla basilica, davanti alla farmacia. La sua licenza risale ai primi decenni del Novecento. Un’attività storica, che prosegue. «Quest’anno c’è tanta gente – ci dice –. In generale c’è sempre moltissimo pubblico, ma spende molto di meno rispetto al passato, questo è il maggiore cambiamento che riscontro. È cambiato anche un po’ il tipo di prodotto richiesto, soprattutto i giovani noto che cercano meno il torrone, comprano altri tipi di articoli. Comunque per noi è fondamentale che la fiera includa il weekend, spero che anche l’anno prossimo si mantenga questa attenzione». A poca distanza, i fratelli Grasso, titolari anch’essi di uno storico banco di torrone, caramelle e varie dolcezze, sono nella posizione davanti alla banca, a pochi passi dalla rotonda, da tempo immemorabile. «Vengo alla fiera da quando ero bambino, insieme ai miei genitori che venivano già qui con il loro banco – ci racconta il titolare– siamo tre generazioni di venditori ambulanti.

I miei venivano con il banco tirato dalla bicicletta. I camion sono venuti dopo. Nel mio ricordo questa fiera non è cambiata poi molto nell’aspetto e nella disposizione. È cambiato un po’ il clima, il modo che le persone hanno di viverla. Una volta era tutto più artigianale, i banchi erano meno tecnologici, ovviamente c’è stato un progresso. Anche il pubblico però la viveva in modo diverso. Arrivavano le famiglie, si facevano un giro, si compravano magari un pollo arrosto da consumare in macchina o in un prato. C’era più un clima da gita, da pic nic».

Anche Daniele Rossetto, titolare di un banco stock di scarpe, vanta una frequenza ultradecennale. «Vengo da vent’anni – ci racconta –: a mio avviso la fiera non è cambiata tantissimo in questi vent’anni, è una tradizione che si ripropone regolarmente nelle stesse forme. Quello che è cambiato tanto è la realtà del nostro lavoro, da tutti i punti di vista compreso quello tecnologico».

I giocattoli di Luciana: in fiera dagli anni Quaranta
Miceli è tra gli ambulanti di più lunga esperienza alla fiera

Sicuramente tra i banchi più longevi, infine, c’è quello di giocattoli della signora Luciana Miceli. Una presenza, quella della sua famiglia, che è lunga oltre un secolo. «È una fiera bellissima, si è sempre lavorato. Anche quando il tempo non ci ha dato una mano, le spese le abbiamo sempre salvate. Nonostante la crisi, questa manifestazione tiene, è molto sentita e si trova di tutto, dagli animali ai fiori, e anche merce di qualità».

«I miei genitori – continua – hanno iniziato quando ancora i giocattoli non esistevano come articolo da banco, mia madre aveva una licenza del 1941, vendevano biancheria, cinture, portafogli… Mano a mano che si andava avanti hanno cominciato a tenere giocattoli e io mi sono specializzata in questo».

Oggi Luciana Miceli prosegue l’attività con l’aiuto della figlia Michela e del nipote Alessandro. «Sono venuta qui per il mio primo mercato quando ero piccolissima: l’11 giugno del 1956, avevo appena finito la terza Elementare. Adesso sono 69 anni che faccio il mercato. Questa fiera mi è sempre piaciuta, come posto e come clima. Ricordo il nostro primo banco era una bicicletta con due valigie davanti e due valigie di dietro. Quando ho avuto sui 9-10 anni mio padre ha comprato una macchina che ha poi attrezzato come un camion con un tendone. Dopo un po’ di anni ha acquistato il primo furgone Volkswagen. In alcune cartoline d’epoca si riconosce ancora quel camion».

«I miei nonni – ricorda la figlia Michela – partivano da Busca in bicicletta, con le loro valige, per venire a vendere qui. Il bar gli lasciava il bagno esterno per lavarsi, lì o alla fontana con l’acqua fredda. Dopo c’era stata l’autorizzazione, mettevano i teli per terra, sopra i tessuti e aprivano le valigie e si poteva cominciare a vendere. Lentamente da questo banco rasoterra l’attività è cresciuta».

«Il timore di furti notturni – ci racconta ancora Michela – è una cosa recente, in anni passati il problema più grosso è che portavano gli animali durante la notte e poteva capitare che qualche animale urtasse il banco e creasse dei danni. Oggi il pericolo può essere un camion che urta le tende. L’ultimo ritrovato tecnologico che abbiamo implementato, con buoni riscontri, è la videosorveglianza nel banco».
«Quest’anno si sentono pochi stranieri – prosegue Michela –, tanta gente del posto, ma secondo me con la riapertura del Tenda anche questo aspetto tornerà come un tempo. Ricordo che quando ero piccola e andavo con i miei in visita al Santuario mentre i miei genitori montavano il banco, io sostavo nella basilica a visitare il Museo Ghislieri. Allora c’era l’affaccio sulla piazza e chiamavo i miei dalla cupola.

All’inizio i miei genitori dormivano con le brande per terra circondate da scatoloni, perché non era concesso mettere i furgoni. Si arrivava si scaricava tutto su degli assi, e si costruiva un piccolo spazio, con gli scatoloni si facevano delle specie di pareti, con materasso in mezzo. Poi si è cominciato a dormire sul furgone, un po’ più attrezzati. Ricordo anche che c’era un grande clima di solidarietà e amicizia tra i commercianti.

Era un po’ come una grande famiglia, ci si conosceva tutti e ci si ritrovava ogni anno. Quando si preparava pranzo uno faceva la pasta, l’altro portava il sugo, c’era chi cucinava e chi distribuiva i piatti. C’era una signora che aveva un camion di casalinghi e arrivava già con le ciotole di plastica. Adesso questo spirito c’è meno».

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