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Le carenze dell’Assegno di inclusione obbligano i servizi locali e le Caritas a sostituire lo Stato per il soccorso ai “fragili”

La Caritas denuncia: troppe persone fragili escluse dall’Assegno di Inclusione, servizi sociali e volontari travolti dalle emergenze.

Le carenze dell’Assegno di inclusione obbligano i servizi locali e le Caritas a sostituire lo Stato per il soccorso ai “fragili”

Foto didascalica creata utilizzando il supporto dell'AI

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Il “RAPPORTO CARITAS 2025 SULLE POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ IN ITALIA”, presentato l’8 ottobre, espone analisi sull'Assegno di Inclusione (AdI), indennità erogata dall'INPS a nuclei e singoli in condizioni di povertà, sostitutiva dal 2024 del “Reddito di Cittadinanza (RdC)”: casi concreti ci inducono a tornare sulle rilevazioni.

Il Documento, redatto in collaborazione fra Sociologi ed Economisti di 5 Università ed esperti della Caritas Italiana, focalizza le non poche differenze fra i 2 istituti, le restrizioni introdotte per evitare alcuni eccessi, che però han privato di sostegno situazioni di reale “fragilità sociale”, tanto che L’Avvenire annota commentandolo che penalizzati «risultano essere le famiglie piccole, i nuclei senza minori, disabili o anziani che sono esclusi dal nuovo schema e poi i lavoratori poveri, gli stranieri e chi vive nel Centro-Nord».

La Sociologa del Servizio Advocacy della Caritas Italiana Nunzia De Capite, a valle tra l’altro di una ricerca presso i Centri di Ascolto radicati in tutta Italia, riscontra che l’Assegno è percepito dal 40% delle famiglie/persone seguite, mentre del Reddito beneficiava il 60%, e che tra gli esclusi figurano

  • Persone con invalidità medio grave, ossia chi ha invalidità inferiore al 74%, ma non ha neppure la pensione, ossia «Troppo fragili per lavorare ma non abbastanza per accedere alla misura»;

  • Adulti soli di mezza età, Over 50, spesso separati, con carriere discontinue, bassa qualificazione e lontani dalla pensione, «Formalmente occupabili, ma di fatto lontani dal mercato del lavoro».

Francesco Riccardi nel citato pezzo de L’Avvenire osservava «La riduzione dell’intervento pubblico…ha generato un aumento consistente delle richieste di aiuto presso le strutture diocesane. E le Caritas sono tornate a rappresentare l’estremo paracadute che scongiura il precipitare delle persone, assicurando loro almeno i beni di prima necessità: pacchi alimentari, pagamento delle bollette, dell’affitto… Impedendo così alle stesse Caritas di svolgere il ruolo di accompagnamento delle persone verso l’autonomia, di fungere da “trampolino di lancio”. Schiacciati sulla protezione emergenziale, non si riesce a fare promozione. Ma è questa una “sana sussidiarietà”?».

A Luglio avevamo segnalato un vulnus, già presente per il RdC: allo scoccare della 18^ rata, la necessità di chiederne il rinnovo per 12 mesi, dimostrando il persistere dei requisiti, affrontando però un mese di azzeramento del bonifico. Per ovviare il 30 giugno, ossia l’ultimo giorno antecedente la prima messe di scadenze, il Governo annunciò un emendamento al “Decreto Legge Fiscale”, per stanziare un contributo straordinario “sino a Euro 500” a caso per coprire via via nel 2025 il mese di stop per quelli dei 506.000 nuclei, che, ripresentata l’istanza, riottengono il beneficio.

L’intoppo concreto fu che la conversione in Legge del Decreto si produsse a inizio agosto e che mancavano le disposizioni attuative necessarie; pertanto il “Bonus ponte” arrivò dal 14 agosto con il 1° Assegno della serie riattivata: ma non per tutti, come vedremo! Comunque, chi vive con l’AdI come può risparmiare nei mesi precedenti per far fronte al mancato introito? Non si potrebbero stabilire gli accertamenti nei mesi precedenti la scadenza?

Ora 2 casi noti, che palesano le carenze del regime dell’AdI per le persone fragili.

Una Signora italiana di 66 anni, sola, con carriera lavorativa breve, perché poi si è occupata dell’assistenza di familiari sino alla scomparsa dell’ultimo; non ha pensione, e potrà aspirare probabilmente solo alla “Sociale” da agosto “26; ha gravi problemi di salute, per i quali ha presentato oltre 6 mesi or sono domanda di invalidità, ma è in attesa della definizione; non ha fonti di reddito; vive in affitto, deve far fronte alle utenze ed alle altre spese. Aveva ottenuto l’AdI a settembre 2024, che poi le è stato revocato da febbraio 2025, poiché nel “23 ricevette una piccola eredità, spesa nel biennio per sopravvivere e coprire spese rinviate e debiti. L’importo dell’eredità spinse l’ISEE, valido per l’AdI, che è quello di 2 anni prima, sopra soglia. Così da febbraio 2025 sopravvive con l’aiuto dei Servizi Sociali e di nostri interventi, in attesa del possibile assegno di invalidità e del ripristino dell’AdI da gennaio, o prima, se verrà accettata la domanda con l’ISEE “corrente”, che considera l’erosione del conto bancario.**

Una Signora italiana di quasi 65 anni, sola; con carriera lavorativa interrotta per seri problemi di salute, pertanto non utile per pensione anticipata; alla quale finora è riconosciuto il 68% di invalidità, che non frutta indennità; che non ha da tempo fonti di reddito; da anni praticamente impossibilitata a deambulare, condizione per la quale in Aprile ha chiesto l’”aggravamento” dell’Invalidità; vive in affitto, deve far fronte alle utenze ed alle altre spese. Aveva ottenuto il RdC, poi l’AdI, che le è stato sospeso da giugno 2025 per la revisione, sopra descritta.

Tuttavia, pur avendo presentato istanza per il ripristino per l’immutata situazione reddituale ed anagrafica, non le sono state liquidate né le rate di Agosto, di Settembre, di Ottobre, né il “Bonus Ponte”, poiché a detta del Call Center INPS sulle pratiche di invalidi già riconosciuti, pur senza indennità, sarebbero in atto controlli documentali da parte dell’INPS stessa competente sia sull’AdI che sull’Invalidità!

Sopravvive con l’aiuto dei Servizi Sociali, di nostri interventi, e di malaugurati ricoveri in Ospedale per seri disturbi, che non hanno alleviato gli oneri per affitto ed utenze.

Quindi in questi 2 casi, ma temiamo che ce ne siano molti altri, le farraginosità e incongruenza delle procedure per l’Assegno di Inclusione, la dilatazione dei tempi per il riconoscimento eventuale dell’Invalidità, dovuta alle note carenze di personale medico ed amministrativo nel comparto sanitario e nell’INPS, fanno si che lo Stato sposti l’onere per l’assistenza delle persone in povertà estrema sui Servizi Sociali, quindi sulle comunità locali, e sul III Settore.

Il Welfare in Italia per ora appare sotto attacco, e soprattutto lo è chi non riesce per motivi di età, di salute, di disagio familiare e sociale a stare al passo, e si impone alle comunità locali, come possono, di far fronte a tale emergenza con risorse pubbliche o del Volontariato, in questi casi la Caritas, stanziate per finalità di reinserimento sociale!

La Viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci, intervenuta alla presentazione del Rapporto, parlò di un «cantiere aperto» sull’Adi e sulle altre riforme dell’Assistenza, assicurando disponibilità a correggere errori o a studiare insieme migliorie da apportare, disponibilità accolta da Caritas Italiana.

Auspichiamo rapidi frutti: ne va della serenità e della dignità di tante persone “fragili”.

Marco Fulcheri
Direttore della Caritas Diocesana

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