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14 Dicembre 2025 - 11:29
Un bue premiato in Fiera, nei riquadri il sindaco Nicola Schellino e il direttore commerciale Venchi Giovanni Battista Mantelli
Dalle parti di Carrù è ormai un adagio famoso e pluricitato. Risale a Luigi Einaudi e al 1955, quando l'allora Presidente della Repubblica scrisse: «Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare».
Il "liberale" Nicola Schellino, sindaco di Carrù, lo ha riadattato per l'occasione in «Prima conoscere, poi consumare». Il contesto è il primo convegno dedicato agli "Stati Generali dei Consorzi di tutela, valorizzazione e promozione delle eccellenze agroalimentari piemontesi" sabato mattina al teatro "Vacchetti" di Carrù, proprio a due giorni dalla grande Fiera del Bue.
Giovanni Battista Mantelli, direttore commerciale e "custode qualità" dello storico cioccolato piemontese Venchi, super ospite "di settore", ha aggiunto un pezzo: il «raccontare». «Il nostro personale ha un’età media di 29 anni: deve conoscere per poter spiegare e trasmettere valore».
La mattinata è stata propizia per un momento di confronto ad ampio raggio tra istituzioni, produttori, imprese e ristorazione. «Non Stati Generali nel senso di una rivoluzione, come ai tempi dell'Ancien Régime - ha chiarito in apertura il sindaco Schellino -, ma per far nascere qualcosa di nuovo».
A sottolineare l’importanza delle certificazioni è intervenuta Luciana Beccaria, presidente dell’Ente Fiera del Bue Grasso, che ha ricordato quanto Dop, Igp e Doc rappresentino un valore economico e identitario fondamentale per i territori italiani.
Ampio spazio agli scenari futuri con l’intervento di Paolo Bongioanni, assessore regionale con deleghe anche all’Agricoltura e al Turismo. «Quando all’estero si parla di Piemonte, spesso è ancora un’incognita – ha ammesso –. Abbiamo provato con il tartufo, con la Nutella, ma il nome che resta più conosciuto è Barolo. C’è ancora tanto lavoro che stiamo portando avanti».
Da qui l’impegno della Regione su una promozione più strutturata e scientifica: spot televisivi, valorizzazione della cucina italiana – recentemente riconosciuta Eccellenza UNESCO – e soprattutto la prossima nascita di un Osservatorio del vino e dell’agroalimentare, pensato per individuare i mercati più adatti e costruire strategie mirate. Tra le sfide lanciate, anche quella simbolica di portare due bovini Kobe dal Giappone all’edizione 2026 della Fiera del Bue Grasso.
Sul piano nazionale è intervenuto il senatore Giorgio Maria Bergesio,di Cervere, che ha illustrato le misure di “Coltiva Italia”, con 100 milioni di euro collegati alla legge di bilancio per facilitare l’accesso alle risorse e favorire il ricambio generazionale. Ha poi rivendicato il «decreto che vieta la carne sintetica e l’uso improprio del termine “carne” per prodotti che non lo sono, oltre alla battaglia contro il Nutriscore, giudicato fuorviante e penalizzante per molte Dop e Igp italiane».
«Una battaglia dura in Europa – ha spiegato – l’Italia ha dimostrato compattezza, facendo cambiare idea all'Ue. L’etichettatura non deve confondere il consumatore. E la razza bovina Piemontese è un punto chiave tra le razze autoctone italiane».
L'obiettivo ambizioso: «Chiederemo l’iscrizione della Fiera del Bue Grasso all’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale nazionale, come sta avvenendo per il Palio di Siena», ha annunciato ufficialmente dal palco il sindaco Nicola Schellino. Un percorso avviato con il supporto dell’Associazione Agridiritti e grazie in particolare agli avvocati Veronica Rinaldi e Alessio Solinas, per tutelare quelle tradizioni che «solo Carrù riesce a esprimere».
E sulle polemiche animaliste legate alla Fiera, questa la replica di Schellino:
«Tra allevatore e bue non c’è nulla di violento. È ingiusto che persone ignoranti puntino il dito contro chi lavora 365 giorni l’anno e non ha tempo da perdere sui social».
Ideatore del convegno, Giuseppe Romanisio, dottore commercialista e figura di riferimento della comunità carrucese, ha posto l’attenzione su un tema centrale: il rapporto con i consumatori. «La tutela non deve riguardare solo gli stranieri, ma anche i cittadini italiani. Oggi i produttori agricoli sono diventati la “linea del Piave”, l’ultima frontiera dopo la globalizzazione».
Senza chiudere alle nuove sfide: «Non dobbiamo aver paura di nuove filiere, come l’allevamento di insetti, se il resto del mondo guarda in quella direzione».
Dal mondo dell’impresa è arrivata per l'appunto la preziosa testimonianza di Giovanni Battista Mantelli, direttore commerciale e custode qualità di Venchi. Dal gianduiotto lanciato nel 1865 – «tre ingredienti, zucchero, nocciole piemontesi e cacao, secondo la filosofia “less is more” come il bollito» – fino a una rete globale di quasi 250 negozi, Venchi ha fatto della territorialità il proprio punto di forza.
«È più facile promuovere il made in Italy che il Piemonte – ha raccontato –. All’estero siamo percepiti come poco industriali e artigianali. Una grande qualità».
A chiudere il quadro, l’intervento dello chef locale Francesco Peirotti del ristorante “Moderno” di Carrù, "figliol prodigo del paese.«Dopo essere andato via all'estero da ragazzo ribelle annoiato dal paese, ne sono tonnato ancora più innamorato». Accanto a lui l'allevatore (da quattro generazioni) Dario Perucca che è anche "gran maestro" della Confraternita del Bue di Carrù e che ha creato un marchio "Autentica" incentrato proprio sulla Piemontese.
Spazio anche ad Anaborapi che ha illustrato il rigoroso programma di selezione genetica della razza Piemontese e il Coalvi per le qualità organolettiche di una carne definita «sana come un pesce». Infine, la voce del futuro: Giulia Allione Cardone, allevatrice carrucese di soli 21 anni: «Perchè anche le donne possano svolgere con successo questo mestiere». Un esempio che, in Granda, non è più un’eccezione.
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