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Nessuna prova di un secondo orso in Piemonte: «Nel parco c'è solo M29»

Il Tenente Colonnello Andrea Baldi: «Monitoriamo costantemente feci e peli nei boschi. Se ci saranno evidenze di nuovi orsi saremo i primi a dirlo. Attenzione alle fake news»

Nessuna prova di un secondo orso in Piemonte: «Nel parco c'è solo M29»

Dopo la diffusione di un comunicato dell’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurale, che nei giorni scorsi aveva segnalato la possibile presenza di un nuovo orso bruno nel Parco Nazionale della Val Grande, arriva una precisazione dal Reparto Carabinieri del Parco.

Il Tenente Colonnello Andrea Baldi chiarisce infatti che, al momento, non esistono evidenze scientifiche che confermino la presenza di un secondo esemplare, oltre all’orso già noto M29.

«L’intervento dell’Associazione si basa su alcune fotografie di un orso, già diffuse ai media tempo fa e sull’immagine di alcune feci, girata di recente in internet – spiega Baldi –. Ma la faunistica è una scienza: non possiamo considerare prova valida materiale privo di riferimenti dimensionali, geo e crono localizzazione, o provenienti da fonte certa. La diagnosi proposta dall’Associazione va in controtendenza con le analisi oggettive che conduciamo ogni giorno.»

Il comandante sottolinea inoltre come l’ipotesi che il presunto nuovo orso si sia nutrito di mirtilli – dedotta dal colore delle feci fotografate – non regge:

«Chi conosce il nostro territorio sa che da oltre un mese e mezzo i mirtilli non sono più presenti. Dal colore del materiale fecale, ammesso che sia stato fotografato nella nostra zona, si desume la presenza di alimento carneo. Ma di sicuro non corrobora né smentisce la presenza di altri esemplari “più piccoli”. Non avremo alcun problema a dire che in Val Grande ci sono più orsi, se e quando ci saranno prove certe. E al momento non ce ne sono».

Baldi sottolinea come i reperti idonei, come peli o escrementi, vengano regolarmente inviati alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, centro specializzato nello studio dei grandi carnivori, per analisi genetiche e di conferma.

«Finora, le analisi oggettive confermano unicamente la presenza di M29, un maschio adulto, nel pieno della forza. Continuiamo a raccogliere reperti e a monitorare la zona con costanza.»

Per quanto attiene immagine dell’orso diffusa recentemente, in cui comparirebbe un esemplare apparentemente più piccolo, Baldi invita alla prudenza:

«La foto in questione non è accompagnata da dati precisi: non si sa dove sia stata scattata, né da chi. L’angolazione e l’altezza della fototrappola, che usa obiettivi grandangolari, possono alterare la percezione delle dimensioni dell’animale. In un’inquadratura distante può sembrare più snello, ma in un’altra ravvicinata appare molto più massiccio. Qualora la foto sia stata effettivamente presa nella nostra zona non è possibile, dalla sola analisi di una singola immagine, escludere che sia semplicemente M29».

Il Tenente Colonnello lancia anche un appello a non diffondere informazioni non verificate, ricordando i rischi di alimentare allarmismi o false notizie:

«La gestione dei grandi carnivori è una materia complessa. Lo scopo del nostro lavoro, che parte proprio dalla tutela reale e concreta del mondo rurale e montano, si basa su un approccio scientifico e trasparente. Per questo motivo, proprio per venire incontro alle esigenze della gente di montagna, abbiamo attivato una operazione per catturare e applicare un radiocollare ai grandi carnivori, per monitorarne gli spostamenti. Due settimane fa, durante una conferenza dedicata al tema, abbiamo ribadito l’importanza di contrastare le fake news. La diffusione di dati non verificati non aiuta la corretta informazione, ma ha il solo scopo di creare scalpore e allarmismo. Il servizio pubblico, in particolare quello degli Enti, come i Parchi e le Provincie, ed i Corpi di vigilanza ambientale, svolgono un’azione fondata sul il principio della trasparenza e verifica scientifica delle informazioni».

Per quanto riguarda l’orso M29, le autorità confermano che non si sono verificati contatti diretti con l’uomo. Le rare osservazioni dirette parlano di un animale schivo, che si allontana rapidamente alla vista di persone.

«M29 non ha mostrato comportamenti problematici, se si escludono alcuni danni agli apiari non protetti dal filo elettrico – conclude Baldi –. È un orso che, in generale, non gradisce la presenza umana, e questo è un bene per la convivenza pacifica tra fauna selvatica e comunità locali.»

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