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26 Novembre 2025 - 09:48
Torna alla ribalta il “caso antenne telefoniche”. A Mondovì, come ovunque. Perché il punto è ben chiaro: il Governo le consente. Tutta colpa (o merito?) della Legge n. 120 del 2020, approvata dal Governo Draghi e confermata dal Governo Meloni, stabilisce chiaramente che sono impianti “di pubblica utilità”.
E quindi, ai Comuni tocca… stare zitti? E accettare, supinamente, ogni antenna e ogni palo? «Va bene, ma non vorremmo che allora “valesse tutto”»: il Comune di Mondovì ha preparato un regolamento, con l’ausilio di un mega esperto del settore – l’architetto Marco Turati – che ha definito alcuni “paletti”.
Quello delle antenne telefoniche è un tema divisivo e “intricato”. La Legge n. 120 del 2020 stabilisce chiaramente che, anche se Comuni possono «adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico», viene assolutamente «esclusa la possibilità di introdurre limitazioni» all’installazione «di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato».
Impossibile vietarle. Se il Comune provasse a “mettersi di traverso”, con ordinanze emesse “di forza” dal sindaco – come era avvenuto un paio di anni fa, per l’antenna di Rifreddo –, si rischia un ricorso e una condanna. Gli iter autorizzativi, che includono le valutazioni di ARPA, non si concludono mai con un divieto.
E poi, “fatti alla mano”… quanti di noi usano una connessine telefonica di continuo, o quasi? Quanti accettano di buon grado di vedere il proprio telefono che, magari nel bel mezzo di una conversazione o di un download, “smette di prendere”?
In città, oggi, ne sono attive una trentina. Il Comune ha dunque predisposto un regolamento che prova almeno a dare delle “linee guida”. Questo regolamento verrà discusso e votato nel prossimo Consiglio comunale. Cosa prevede? Sostanzialmente, partendo dal presupposto che le antenne telefoniche – lo ribadiamo – “non si possono vietare”, il Comune viene diviso in “aree” più o meno idonee.
Alcune zone vengono classificate come da evitare, “vietate”: scuole, parchi pubblici, oratori, biblioteche, ospedali e tutte quelle aree in cui la presenza delle antenne sarebbe di evidente disturbo. Poi ci sono le aree “condizionate”: quelle “di pregio” paesaggistico o storico-architettonico, definite dalla situazione locale (per esempio: i centri storici) in cui la presenza di un’antenna va innanzitutto giustificata dal proponente (ovvero: è “indispensabile” che si costruisca proprio lì) e va, in qualche misura, mitigata, “mimetizzata”, adattata al contesto. Poi ci sono le aree “neutre” (che rappresentano gran parte del contesto “non antropizzato”) e infine, e soprattutto, quelle “attrattive”, come le aree industriali, produttive, artigianali e a forte presenza di insediamenti: ovvero le zone in cui l’installazione di un’antenna non genera alcun tipo di problema ed è quindi da considerarsi “preferibile”.
Il regolamento è stato predisposto dopo un lunghissimo lavoro tecnico, che ha coinvolto anche alcuni operatori del settore. Non è un limite… ma, quantomeno, un tentativo di “fare ordine”.
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