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Aperta la caccia al cinghiale, ma per Coldiretti non basta: «Troppo pochi gli enti che applicano la norma»

«Sono pochi gli istituti venatori che seguiranno l'Ordinanza del Commissario straordinario»

Peste Suina, 16 20 Mila Cinghiali A Rischio Liguria Piemonte

Cinghiali nel torrente Bisagno. Nelle prossime settimane si decidera' quale strategia adottare per fronteggiare l'epidemia di Peste Suina rilevata tra la provincia di Alessandria e Genova. Genova, 17 gennaio 2022.ANSA/LUCA ZENNARO

La Regione Piemonte ha anticipato l'apertura della caccia al cinghiale: ma per Coldiretti Piemonte non basta. «Perché poi sono davvero pochi gli istituti venatori, ovvero ambiti territoriali di caccia, comprensori alpini, aziende faunistico-venatorie ed aziende agrituristico-venatorie, che applicheranno quanto previsto dall’Ordinanza del Commissario straordinario alla peste suina africana, anticipando la caccia programmata al cinghiale a partire dal 1 settembre 2025».

Da norma vigente, la caccia avrebbe dovuto riaprire al 21 di settembre o al 1 di ottobre: «Quindi questa possibilità di anticipo è sicuramente utile a fronteggiare una condizione di elevata problematicità – spiegano Cristina Brizzolari e Bruno Rivarossa, presidente e delegato confederale di Coldiretti Piemonte -, riconducibile al numero sempre troppo alto di cinghiali presenti in Piemonte. Applicare tale ordinanza sarebbe funzionale sia per evitare nuovi casi di peste suina africana, sia per contenere i danni che i cinghiali continuano a provocare alle imprese agricole».

Danni che, sostiene Coldiretti, non hanno percepito dalla Regione neanche il risarcimento integrale delle perdite subite. Nel 2024 i danni ammontavano a 4 milioni e mezzo, dato in crescita rispetto al 2023. «Una situazione che, dunque, crea criticità sanitarie, continua a generare elevati rischi per l’intera filiera agro-alimentare regionale collegata al settore suinicolo, ad incrementare i pericoli in termini di incolumità pubblica per effetto degli incidenti che i cinghiali possono provocare, oltre a produrre danni ingenti alle coltivazioni con significative ripercussioni economiche sulle imprese agricole e che, per tali motivi, richiede azioni straordinarie non più rinviabili».

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